Terzo polo contro Pd e M5s: “Noi esclusi da cariche”

Il leader di Azione, Carlo Calenda, al Forum Ansa,
Il leader di Azione, Carlo Calenda, al Forum Ansa, 14 settembre 2022. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – La scadenza si avvicina e il Terzo polo alza i toni. Carlo Calenda e Matteo Renzi sono convinti che Pd e M5s non intendano cedere ad Azione-Iv alcuna delle cariche istituzionali ai vertici delle Camere che spettano alle opposizioni. Il giorno della scelta sarà mercoledì, con i voti in Aula a Montecitorio e a Palazzo Madama. “Quando saremo chiamati per le consultazioni – ha detto il capogruppo di Azione-Iv alla Camera, Matteo Richetti – denunceremo a Mattarella l’atteggiamento di Pd e M5s non rispettoso delle opposizioni, che sono tre. Essere esclusi dagli uffici di presidenza delle Camere è lesivo della rappresentanza plurale delle istituzioni”.

Pd e M5s fanno i conti. Numeri alla mano, in quanto prima e seconda forza di minoranza, la scelta dei nomi spetta a loro: vicepresidenze, ma anche questori e segretari d’Aula in quota opposizione. Fra le due forze c’è una tacita convergenza, se non proprio un accordo: “D’altronde, non vedo perché fare i crocerossini”, spiegava un parlamentare dem nei giorni scorsi.

Se mercoledì entreranno in campo i rapporti di forza all’interno dell’opposizione, martedì saranno determinanti le dinamiche nei singoli partiti. Quel giorno, infatti, deputati e senatori eleggeranno i capigruppo. Le due partite sono fra loro connesse: ci sono ventagli di nomi che cambiano a seconda degli incastri fra forze politiche, correnti, personalità.

Il Terzo polo ha già scelto i capigruppo: Raffaella Paita al Senato e, appunto, Richetti alla Camera. Per il M5s si parla di una conferma degli uscenti: Francesco Silvestri alla Camera e Mariolina Castellone al Senato. Anche il Pd sta valutando se seguire quella strada, con Debora Serracchiani che resterebbe alla guida del gruppo alla Camera e Simona Malpezzi a capo di quello al Senato.

Ma il puzzle non è ancora composto. Per questo, a Palazzo Madama si fa il nome anche di Valeria Valente come capogruppo o di Anna Rossomando. Per Montecitorio, un’altra papabile capogruppo è Anna Ascani. Rossomando e Ascani, però, entrano anche nel toto vicepresidenti, come Nicola Zingaretti alla Camera, mentre sono in ribasso le quotazioni di Alessandro Zan, paladino dei diritti della comunità Lgbtq+ e quindi considerato un anti-Lorenzo Fontana, il neo presidente leghista di Montecitorio.

L’equilibrio fra le correnti dovrà tener conto del complesso delle cariche: capigruppo, ma anche vicepresidenze di Camera e Senato fino ai segretari d’aula e le presidenze delle commissioni di garanzia, come il Copasir. Dalla quadra che il Pd riuscirà a trovare sulla scelta dei nomi dipende anche il clima del congresso che dovrà portare al nuovo segretario dem: se tutto fila, sarà più facile che il dibattito proceda senza strappi e guerriglie. Ma niente è ancora detto.

Per i Cinque stelle, il vicepresidente del Senato potrebbe essere Stefano Patuanelli e della Camera Chiara Appendino. Al Movimento dovrebbe spettare poi la guida della Vigilanza Rai. Le votazioni di martedì e mercoledì saranno seguite con particolare attenzione dagli osservatori: l’equilibrio complessivo dei ruoli affidati alle minoranze, infatti, potrebbe venire minato da un intervento del centrodestra, nel caso in cui in quel frangente si manifesti il riflesso dei 16 voti dell’opposizione che hanno consentito l’elezione di Ignazio la Russa alla guida del Senato.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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