Nuovo governo: la sconfitta di Berlusconi, Meloni tira dritto

Silvio Berlusconi con Giorgia Meloni .
Silvio Berlusconi con Giorgia Meloni durante la campagna elettorale del 2021. (Frame video ANSA)

ROMA. – Il giorno in cui Silvio Berlusconi prova a mettere in discussione la linea scelta da Giorgia Meloni finisce con un partito allo sbando. La decisione di non votare Ignazio La Russa come presidente del Senato apre diversi scenari, nel rapporto con gli alleati e negli equilibri interni del partito. Da un lato, ci si interroga sulle conseguenze di uno scontro frontale che ha portato gli azzurri a certificare la loro “irrilevanza” numerica palazzo Madama. Dall’altro chi si chiede se mostrare i muscoli contro quella che lo stesso Cavaliere bolla come “la politica dei veti” di Meloni sia il segnale giusto da mandare prima ancora che la legislatura abbia veramente inizio.

E’ su questo crinale che si giocheranno le trattative fino alla composizione ufficiale della squadra di governo. Innanzitutto l’ex premier dovrà decidere se dare un segnale anche alla quarta votazione che dovrebbe eleggere il presidente della Camera oppure scegliere di non reagire ed aspettare di capire l’evoluzione degli eventi. Una linea che sarà decisa in una riunione tra il leader azzurro e lo stato maggiore del partito.

Chi sembra non avere dubbi su cosa fare è la premier in pectore che dopo aver “sminato” il problema Ronzulli (“Le trattative sono chiuse. Licia Ronzulli non sarà ministro”, annuncia il Cavaliere dopo il voto a palazzo Madama) aspetta che si chiuda la partita delle presidenze per definire gli ultimi dettagli della squadra di governo.

Ma se il sudoku dell’esecutivo sembra in via di definizione, quanto accaduto oggi in Senato apre un falla nei rapporti tra Berlusconi e gli alleati, Meloni in testa: Un atto di sfiducia a Licia è un atto di sfiducia a me e a Forza Italia, è l’accusa che l’ex capo del governo avrebbe rivolto questa mattina alla presidente di FdI dopo aver ricevuto l’ennesimo no all’ingresso della senatrice azzurra al governo.

Un incontro carico di tensione (seguito della riunione a villa Grande finita sempre malissimo) e la premessa di quanto poi sarebbe accaduto a palazzo Madama: La leader di Fdi deve mostrare maturità”, è il ragionamento che il leader Fi mette nero su bianco in un appunto. “Sono io che comando davvero nella coalizione”.

La rabbia del Cavaliere è tanta per l’offesa subita, ma ora per l’ex premier la priorità e tentare di tenere insieme le truppe. Già, perché nei gruppi è partita la caccia al colpevole ed i venti di una possibile scissione tornano a soffiare con forza. Ronzulli finisce sul banco degli imputati perché rea, a sentire i centristi della coalizione, di aver messo Fi nell’angolo.

La controparte invece spiega la decisione di non partecipare al voto come un modo per tenere il gruppo unito. L’idea di scheda bianca non teneva perché in molti avrebbero votato a favore, spiegano fonti Fi, con la promessa magari di un posto da sottosegretario o presidente di commissione. Di qui l’idea di non partecipare al voto.

E se i rapporti con Meloni sono al minimo storico, anche la Lega finisce sul banco degli impuntati. Nella lunga giornata di Montecitorio sono diversi i deputati azzurri a puntare il dito contro Salvini, “reo” di aver voltato le spalle ad Fi con cui la sintonia in questi mesi si era sempre più rafforzata per aprire una trattativa parallela con Fdi sui posti di governo.

(di Yasmin Inangiray/ANSA)

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