BRUXELLES. – La Nato ribadisce il suo sostegno “incrollabile” all’Ucraina e – per far seguire i fatti alle parole – inizia a mettere ordine in casa propria, con un focus importante sul riempimento dei magazzini e l’aumento della capacità produttiva dell’industria della difesa, dopo anni di sotto-investimenti. “Incoraggiamo gli alleati ad andare oltre il 2% del Pil perché dobbiamo rimpiazzare ciò che abbiamo dato all’Ucraina”, ha detto senza mezzi termini il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin III.
Parallelamente, la Nato ha annunciato la nascita di uno “scudo missilistico europeo” frutto di un’intesa di 15 Paesi (aperta però anche agli altri alleati). La ministeriale Difesa è stata la prima dal summit di Madrid di luglio ed è stata chiamata a verificare il lavoro svolto finora, nonché a rispondere alle sfide poste dall’assalto russo. Il presidente Volodymyr Zelensky ha sferzato gli alleati sui sistemi missilistici protettivi sostenendo di avere a disposizione “il 10% di quanto serve”. Zelensky, si commenta nei corridoi alla Nato, “fa il suo” ed è comprensibile, vista la situazione in cui si trova il Paese.
Il segretario generale Jens Stoltenberg ha promesso che gli aiuti “saranno incrementati” e che l’alleanza reagisce alle diverse fasi del conflitto con le “adeguate forniture”. Ora, per esempio, c’è grande attenzione a gestire l’arrivo del ‘generale inverno’ e saranno inviate centinaia di migliaia di tute imbottite di alta qualità: combattere nel gelo della steppa è atroce e c’è molto scetticismo sul fatto che il comando russo sarà altrettanto premuroso con i suoi uomini.
Per quanto riguarda gli armamenti la priorità è una: proteggere i cieli. Il Regno Unito fornirà i suoi missili AMRAAM da usare in tandem con le batterie Usa NASAMS, presto in arrivo. La Germania sta consegnando il suo Iris-T. La Spagna ha promesso che donerà quattro lanciatori HAWK e pure la Francia ha detto che farà la sua parte. Il punto ormai non è tanto ‘volere’ ma ‘potere’. Perché c’è penuria negli hangar, gli alleati devono fare i conti la propria sicurezza e produrre sistemi così sofisticati richiede tempo.
“Persino i possenti Stati Uniti hanno i loro problemi”, confida una fonte diplomatica. La situazione però presenta anche “opportunità”. E cioè far partire appalti comuni per rilanciare il settore e armare al contempo con sistemi di standard Nato quei Paesi dell’ex patto di Varsavia che hanno passato il loro stock sovietico a Kiev. E qui entra in gioco lo scudo missilistico europeo.
La mossa parte dalla Germania ma è stata rinvigorita dalla scelta del Regno Unito di unirsi – gli altri partecipanti sono Finlandia, Belgio, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Slovacchia, Slovenia, Romania e Ungheria. “Si tratta di una piattaforma aperta che punta a mettere in rete le industrie nazionali e dunque sarà di beneficio a tutti: mi aspetto che altri si uniscano, compresa l’Italia”, spiega un funzionario alleato che conosce il dossier. Infine il nucleare.
I ministri sono stati aggiornati sull’esercitazione in arrivo – non saranno coinvolte bombe atomiche vere – e hanno condiviso informazioni “top secret”. Stoltenberg ha assicurato che l’uso dell’arsenale nucleare Nato è “estremamente remoto” ma ha ribadito che se Mosca dovesse passare il Rubicone vi sarebbero “pesanti conseguenze”. Quali, non è dato sapere. Per una ragione di “deterrenza strategica”.
Più di manica larga l’alto rappresentante della politica estera e di difesa Ue, Josep Borrell, che ha raggiunto i partner nel pomeriggio. “Le truppe russe in Ucraina verrebbero annichilite da una risposta militare convenzionale dell’Occidente”.
(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)