Analisi Spagna – Equità fiscale e benessere nell’occhio del ciclone

   Nell’occhio del ciclone. Da qualche settimana la politica fiscale spagnola è al centro di un aspro dibattito. Lo scontro tra orientamenti opposti avviene nell’ambito di una campagna elettorale iniziata anzitempo. Protagonisti, il Partito Popolare e il Psoe.  Sullo sfondo, lo spettro di una guerra alle porte dell’Europa; una guerra tanto lontana geograficamente quanto vicina per i suoi risvolti sociali ed economici in seno all’Unione Europea.

Il dibattito elettorale tra la formazione conservatrice e quella progressista sembra destinato a svilupparsi tutto nell’ambito economico. In particolare, almeno per il momento, in quello fiscale. Nulla di cui meravigliarsi, tenendo conto delle conseguenze derivate dalla crisi del gas. Putin, a risposta alle sanzioni dell’Unione Europea dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha interrotto i rifornimenti di gas. Il calo preoccupante della crescita economica, la spinta inflazionistica e la perdita di qualità di vita per tutti noi ne sono le conseguenze principali.

I popolari, rispolverando vecchie teorie neoliberali, sembrano ancorati alle ricette del passato; disposti a dichiarare la guerra alle imposte. Cioè, a quella quota di ricchezza che lo Stato, una volta prelevato dai cittadini o dalle aziende, restituisce sotto forma di servizi pubblici. Ad esempio, sanità, educazione, sicurezza.

Il presidente del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, aveva proposto, con la prudenza che lo caratterizza, un taglio alle imposte. Ma moderazione e prudenza non sono attributi di alcuni presidenti di Regione. E così, la ponderatezza del presidente dei popolari è stata travolta dalle proposte di Isabel Díaz Ayuso, prima, e di Juan Manuel Moreno Bonilla poi. La presidenta della “Comunidad de Madrid” e il presidente della “Junta de Andalucía” hanno anticipato l’intenzione di ridurre le imposte alla élite economica. Di fronte alla protesta dei presidenti delle altre regioni, che hanno accusato di concorrenza sleale i colleghi del Partito Popolare, Isabel Díaz Ayuso ha semplicemente risposto che sono liberi d’applicare provvedimenti simili.

I presidenti Isabel Día Ayuso e Juanma Moreno Bonilla

In Inghilterra, Liz Truss, premier inglese, aveva annunciato, salvo poi fare marcia indietro, la riduzione lineare, la maggiore degli ultimi 50 anni, delle imposte. D’un solo colpo, aveva annullato l’incremento del 25 per cento dell’Imposta alle Società, riconducendola al 19 per cento; aveva ridotto l’IRPF e annullato le imposte sugli extraprofitti, solo per nominare alcuni dei suoi provvedimenti.  Era il suo tentativo di scuotere l’economia e indurla ad uscire dal pantano in cui annaspa dal 2008 e cioè da quando fu deciso di applicare politiche di austerità a risposta della crisi finanziaria.

Ma, di fronte alle proposte della Prima Ministra, la reazione immediata dei mercati, timorosi che in un futuro si debba fare i conti con un elevato debito e la instabilità fiscale, ha provocato la svalutazione della moneta. A Truss non è rimasto altro che prenderne atto e tornare sui propri passi. In sintesi, la premier aveva rispolverato vecchie politiche che la “Dama di Ferro”, Margareth Thatcher, e il “presidente cow-boy”, Ronald Reagan, avevano promosso negli anni ’90 attratti dalla tesi dell’economista nordamericano Arthur Laffer: ridurre le imposte crea maggiori entrate.

Laffer, ispirandosi al filosofo ed economista andaluso del secolo XIV Ibn Jaldún, ha studiato una formula matematica per predicare la riduzione delle imposte. La “Curva di Laffer” mette in luce la relazione tra l’aliquota delle imposte e le entrate fiscali. La sua tesi è che oltre un determinato livello, il prelievo fiscale perde forza e risulta poco conveniente.

L’economista, tra l’altro, considera il “welfare” una fallacia in quanto, a suo giudizio, predica la gratuità della sanità, dell’educazione e di altri servizi pubblici. Secondo Laffer, il “welfare” priverebbe, pertanto, la società di ogni incentivo al lavoro.

La ministra delle Finanze, María Jesús Montero

La proposta del Psoe va in tutt’altra direzione. Il “pacchetto fiscale” reso noto dalla ministra delle Finanze, María Jesús Montero, prevede la riduzione delle imposte sui redditi bassi e l’incremento momentaneo di quelle sulle “grandi ricchezze”.

Che la politica di riduzione lineare delle imposte aggravi le disuguaglianze sociali, non è novità. Basta rivolgere per un attimo l’attenzione verso i paesi europei in cui governa l’estrema destra. È per questo che a La Moncloa si sostiene la necessità del “sacrificio condiviso”; delle imposte per offrire servizi di qualità al cittadino. Il timore è che la loro riduzione in maniera lineare, o addirittura l’eliminazione di quelle orientate alle aziende, potrebbero provocare il deterioramento dei servizi pubblici che non sarebbero più competitivi rispetto a quelli offerti dal settore privato. In particolare, sanità e educazione.

L’equità fiscale, che difende il governo presieduto da Pedro Sánchez, è in linea con le raccomandazioni dell’Unione Europea. In una intervista concessa al quotidiano austriaco “Der Standard”, il capo economista della Banca Centrale Europea, Phillip Lane, ha commentato che “dal punto di vista macroeconomico, i governi dovrebbero sostenere chi guadagna meno e il consumo delle famiglie in difficoltà” e non coloro che non hanno problemi economici. Quindi ha consigliato l’applicazione di imposte a “coloro con guadagni alti e alle industrie molto produttive”. Lane ha coinciso con l’agenzia “Moody’s” nel sottolineare che questa era una soluzione meno inflazionaria di quella che prevede il taglio delle imposte, riscuotere meno e incrementare i deficit strutturali. La politica del Governo, quindi, è in linea con le indicazioni dell’Ue.

Spesso gli economisti affermano che “non c’è pranzo gratis”. Le imposte sono il prezzo che deve pagare la società moderna per usufruire di un maggior livello di benessere. Pensare di poterle ridurre senza conseguenze sui servizi pubblici è ingannarsi ed ingannare. Il riflesso sul welfare forse non sarebbe immediato ma di certo inevitabile.

Mauro Bafile