Scogli Mef, Esteri, Viminale rallentano la formazione del nuovo governo

Nella foto d'archivio il Palazzo Chigi.
Nella foto d'archivio il Palazzo Chigi, sede del governo.

ROMA. – Tre o quattro ministri con portafoglio alla Lega, lo stesso numero a Forza Italia, con una pedina ‘pesante’ ciascuno. E’ questa una delle ipotesi a cui si sta lavorando per il nuovo governo a trazione Fratelli d’Italia. Per contare di più, l’ex ministro leghista Roberto Maroni rilancia l’idea di una federazione con FI, una proposta non nuova, ma che ora servirebbe a fare massa critica anche in Parlamento.

Giorgia Meloni, da premier in pectore, continua a centellinare le uscite e lavora a testa bassa ai dossier più urgenti (a partire dall’energia) e alla sua squadra che, tra ministri, vice e sottosegretari dovrebbe prevedere non più di 60 persone. Tra le caselle più delicate ci sono Economia, Interni, Esteri e Giustizia, posti cruciali sulla cui attribuzione peserà particolarmente la supervisione del Quirinale.

Solo quando saranno assegnate, la composizione del governo potrà prendere velocità. “Vista anche la delicatezza del momento, Giorgia procede a passo felpato” per formare una “squadra di livello”, raccontano in ambienti di FdI: prima chiuderà la partita del Cdm con gli alleati e poi andrà avanti con i ruoli per gli esponenti del partito.

Nel complicato puzzle di governo, che inevitabilmente finirà sotto i riflettori internazionali, perde quotazioni l’ipotesi della suddivisione del Mef tra Tesoro e Finanze, mentre si fa strada la possibilità di spostare l’energia dall’Ambiente (oggi Mite) al Mise.

Quanto ai ministeri, tra i primi nodi da sciogliere c’è quello del Viminale, che Matteo Salvini avrebbe voluto per sé ma che la leader di FdI sarebbe orientata ad affidare ad altri: a Nicola Molteni (leghista, già sottosegretario all’Interno) o al prefetto di Roma Matteo Piantedosi. In questo scenario, al segretario leghista potrebbe spettare il Mise o l’Agricoltura abbinata alla carica di vicepremier.

Marcare una presenza a Palazzo Chigi sarebbe un desiderata tanto degli azzurri quanto dei leghisti, ma la possibilità dei due vice è ancora tutta da valutare. In caso sfumasse, ci sono altri due ruoli di prestigio da distribuire agli alleati: le presidenze di Camera e Senato. L’idea di riservare una delle due cariche al Pd sembra infatti, destinata a sfumare.

Altre caselle delicatissime sono il Mef, gli Interni e la Giustizia (in passato si ricordano diversi casi di opposizione del Colle: da Cesare Previti al dicastero di via Arenula a Paolo Savona per l’Economia). Se qualcuno ipotizza che in via XX Settembre possa rimanere Daniele Franco, Fdi continua a puntare su Fabio Panetta (Bce). In caso di un no categorico, l’alternativa sarebbe l’ex ministro Domenico Siniscalco. Per Maurizio Leo, responsabile economico del partito, ci sarebbe un ruolo da sottosegretario.

Agli Esteri, oltre al nome del coordinatore forzista Antonio Tajani, si fa quello di Elisabetta Belloni, con Giulio Terzi di Sant’Agata come vice. In questo caso, Tajani – che di certo sarà il capodelegazione del partito – potrebbe essere spostato sul Viminale o sulla Difesa. In quest’ultimo ruolo avrebbe chance anche Guido Crosetto, protagonista di uno scambio di tweet in cui, però, sembra farsi da parte: “Sono uscito e sto bene così!”.

Nella Lega sembrano tirarsi fuori dal futuro Cdm anche Giancarlo Giorgetti – che, invece, potrebbe diventare il successore di Roberto Fico – e Massimiliano Fedriga (“Mi piacerebbe continuare in Friuli Venezia Giulia”). In pole per la Giustizia ci sarebbe Carlo Nordio, con Giulia Bongiorno verso la Pa. Al Welfare potrebbe andare Luca Ricolfi, alla Salute c’è chi ipotizza Letizia Moratti. Se non resta in Europa, Raffaele Fitto potrebbe andare agli Affari Europei.

Da casa Fdi, potrebbero entrare in squadra Francesco Lollobrigida e Fabio Rampelli. Quest’ultimo a Roma ha stravinto nel suo collegio: è quotato sia per l’Ambiente, sia per le Infrastrutture (insieme a Edoardo Rixi e Alessandro Cattaneo), sia per la Cultura. “Sono disponibile” a fare il ministro dei Beni Culturali, si è fatto avanti anche Vittorio Sgarbi.

Per un eventuale ministero delle Riforme si parla di Marcello Pera, per la Scuola di Licia Ronzulli o Anna Maria Bernini, per i rapporti con il Parlamento spunta quello di Maurizio Lupi. Il nome di Ignazio La Russa gira come sottosegretario alla presidenza del Consiglio insieme a quello di Giovanbattista Fazzolari. La Russa, in uno altro scenario, sarebbe papabile anche alla presidenza del Senato, ruolo per cui la Lega punterebbe su Roberto Calderoli e Fi su Maria Elisabetta Casellati.

(di Paola Lo Mele/ANSA)