FdI cerca il dialogo, una bicamerale per le riforme

La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, durante il suo intervenendo sul palco dell'Aquila,
La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, durante il suo intervenendo sul palco dell'Aquila, 7 settembre 2022. ANSA/Claudio Lattanzio

ROMA. – Una commissione bicamerale o una sessione speciale del Parlamento. Parte all’insegna della ricerca del dialogo la strategia con cui la nuova maggioranza punta per modificare la costituzione. In cima agli obiettivi del centrodestra c’è il presidenzialismo, su cui si annuncia già forte la resistenza delle opposizioni, dal Pd al Terzo polo passando per il M5s.

Nei piani di FdI, il partito guida della coalizione da cui nascerà il governo, c’è però anche una “rivisitazione” del principio del primato del diritto comunitario su quello nazionale, il rafforzamento di quello di sussidiarietà, modifiche al sistema delle Province, e la Lega in particolare spinge per dare attuazione all’Autonomia differenziata.

A seguire il dossier riforme per conto di Giorgia Meloni è Francesco Lollobrigida, nell’ultima legislatura capogruppo di FdI alla Camera. Sono le prime mosse di un piano cruciale per i piani della coalizione composta da FdI, Lega, FI e centristi. Non a caso, questo lavoro è già partito mentre ancora si ragiona sulle varie caselle dell’esecutivo e fra i ministeri potrebbe esserne definito anche uno per le Riforme e le autonomie.

Nella Lega in Veneto c’è chi spinge affinché Matteo Salvini se ne occupi in prima persona. Dentro FdI molti per quel ruolo pensano all’ex presidente del Senato Marcello Pera, pronto a tornare a Palazzo Madama. “Va cambiata la forma di Stato e di governo”, ha spiegato Pera in questi giorni, chiarendo di aver accettato la proposta di Meloni di candidarsi, rassicurato proprio dal fatto che “la prossima sarà una legislatura costituente”.

Non avendo i due terzi dei parlamentari nelle due Camere, qualsiasi legge costituzionale approvata dal centrodestra dovrebbe essere sottoposta al referendum. Di conseguenza, si studia una strategia per una bicamerale, che sarebbe la quarta dopo i tre tentativi falliti in passato: la bicamerale Bozzi (1983-1985), quella De Mita-Iotti del 1993 e quella D’Alema del 1997, fallita dopo quindici mesi quando saltò l’accordo che prevedeva anche il semipresidenzialismo.

Venticinque anni dopo, sul presidenzialismo è scontata l’opposizione compatta del resto del Parlamento, a cominciare dal Partito democratico. E sono chiari i paletti posti anche da chi si è già detto disponibile a sedersi a un tavolo, come Carlo Calenda. “Il dialogo sulle riforme di cui il Paese ha bisogno ci deve essere”, ha spiegato il leader di Azione e del Terzo polo, però “molto contrario al presidenzialismo perché in questi anni l’unica figura di garanzia di unità nazionale è stato il presidente della Repubblica”. Allo stesso tempo, Calenda è convinto che un governo Meloni sia destinato a non durare più di sei mesi.

Potrebbe esserci maggiore convergenza in Parlamento su altre ipotesi, come l’elezione diretta del presidente del Consiglio, la revisione del bicameralismo perfetto, o una nuova legge elettorale. Nel M5s si ritiene prematuro parlare di una bicamerale e si promette “un’ opposizione intransigente per evitare che venga stravolta la Costituzione e abolito il reddito di cittadinanza – ha avvertito Mariolina Castellone -. Le riforme costituzionali non sono la priorità”.

Allo stato appare difficile che il centrodestra trovi aperture anche per avviare un confronto sul primato del diritto comunitario. “Noi – ha chiarito Luca Ciriani, nell’ultima legislatura capogruppo di FdI al Senato – non possiamo rinunciare a una sovranità nazionale sulle grandi questioni”. Si guarda alla Germania, dove la Corte costituzionale ha affermato che, fra i due sistemi normativi, prevale sempre quello che più tutela la popolazione tedesca. Una decisione costata a Berlino una procedura di infrazione dalla Commissione Ue.

(di Paolo Cappelleri/ANSA)

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