Addio in Usa a Ronald Pelton, spiò per il Kgb

Ronald Pelton in un'immagine del 25 novembre 1986, dopo il suo arresto.(Wikipedia)

WASHINGTON.  – Addio in Usa a Ronald William Pelton, una delle più famigerate spie americane della Guerra fredda, durante la quale vendette segreti all’Urss causando danni seri alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

L’ex analista della National Security Agency (Nsa) è morto a 80 anni in Maryland, dopo aver scontato circa 30 anni in galera ed essere tornato in libertà nel 2015. A tradirlo furono i suoi capelli rossi e lo stesso agente del Kgb al quale si era consegnato, che simulò poi una diserzione.

Palton iniziò la sua carriera nell’aviazione militare, dove imparò il russo e fu impiegato in Pakistan per il servicio intercettazioni. Quindi approdò alla Nsa, lavorandoci sino al 1979 per una quindicina d’anni con uno stipendio di 24 mila dollari l’anno (90 mila oggi). Nel 1980 si trovò sull’orlo della bancarotta e decise di offrire i suoi segreti all’Urss. Telefonò all’ambasciata russa a Washington senza però rivelare la sua identità e un ufficiale del Kgb, Vitaliy Yurchenko, lo invitò per un incontro il giorno dopo.

L’Fbi intercettò la chiamata e filmò l’ingresso di un uomo con la barba e i Capelli biondo-rossiccio ma non fu in grado di individuare il sospetto, che uscì da un ingresso laterale tre ore e mezzo dopo travestito da dipendente sovietico ben rasato. Pelton non lavorava più alla Nsa e non aveva documenti segreti da passare ma poteva contare sulla sua memoria eccezionale, come Ana Belen Montes con Cuba.

Fu messo alla prova e sino al 1985 restò nel libro paga del Kgb a 35 mila dollari l’anno, rivelandosi una spia affidabile e viaggiando diverse volte a Vienna, per i “debriefing” nella residenza dell’ambasciatore sovietico nella capitale austriaca.

A fargli ottenere subito credibilità fu la rivelazione dell’operazione Ivy Bells, lanciata nel 1971 da Cia, Nsa e Marina per intercettare le comunicazioni sottomarine e tracciare i sommergibili di Mosca nel Pacifico: gli americani avevano piazzato un’apparecchiatura lunga sei metri a 120 metri di profondità nel mare di Okhotsk sul cavo usato dal Cremlino. Nel 1981 i satelliti Usa osservarono l’arrivo di navi da guerra sovietiche e di un vascello di salvataggio vicino all’apparecchiatura, che fu rimossa e che ora è esposta come un trofeo a Mosca al museo della Grande Guerra patriottica.

Le informazioni di Pelton misero fine ad una delle operazioni di maggior successo degli 007 americani. Ma nel 1985 un colonnello del Kgb, che supervisionava l’attività di intelligence negli Usa e in Canada, finse di disertare entrando all’ambasciata Usa a Roma: era Vitaly Yurchenko, lo stesso che aveva ricevuto e gestito il traditore americano a Washington.

Alla Cia fornì gli elementi per arrivare a due 007 Usa che lavoravano per il Kgb, probabilmente per salvare una “talpa” più importante: uno era Edward Lee Howard, l’altro Pelton. Non ne fece il nome ma ricordò di aver incontrato nel 1980 un ex analista della Nsa con i capelli rossi. L’Fbi restrinse le ricerche e identificò la sua voce, ma nonostante i pedinamenti non riuscì a trovare prove per incriminarlo.

Quindi decise di interrogarlo facendogli sentire la registrazione della sua telefonata all’ambasciata sovietica e lui vuotò il sacco. Fu condannato nel 1986 a tre ergastoli, commutati poi in 30 anni di carcere. Un anno prima invece Yurchenko sfuggì alla Cia entrando all’ambasciata di Mosca e ritornò libero in Urss: un doppio smacco per l’America.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).

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