ROMA. – Nessuno scontro, qualche scintilla ma toni in generale pacati, in un duello all’insegna del fair play, con due leader più impegnati a illustrare il proprio programma che ad attaccare le idee dell’avversario. Tensione su Pnrr, Unione europea e presidenzialismo. Per il resto, il confronto molto atteso tra la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni e il segretario dem, Enrico Letta sul Corriere Tv, scivola via su un binario dialogante.
Insomma, una sorta di pareggio a reti inviolate, dopo oltre due ore di domande e risposte, durante le quali i due leader non affondano mai i colpi, non usano parole forti, quasi più attenti a non sbagliare che ad aggredire l’avversario.
La polemica, invece, scoppia ad opera degli esclusi: il Terzo polo, da tempo critica la scelta di non tenere confronti aperti a tutte le forze che si candidano a guidare il Paese. Una accusa contro i “tentativi” di polarizzare la campagna elettorale tra i due più grandi partiti. Il leader di Azione-Italia Viva, Carlo Calenda, organizza una sorta di filo diretto, nominato ‘Controdibattito 2+1’, sui social per interloquire quasi in diretta durante il confronto in corso al Corriere.
L’ex ministro attacca il clima a suo giudizio troppo conciliante: “Un dibattito fra Sandra e Raimondo senza alcun senso”, è il suo giudizio tranchant. Acido anche Matteo Renzi: “In un Paese civile – protesta – è necessario un confronto a quattro e non solo Letta e Meloni, ma perché non lo fanno? Perché la Meloni ama alla follia che sia Enrico Letta a essere l’unico interlocutore, perché Enrico Letta è il migliore amico di Giorgia Meloni. Le sta facendo la campagna elettorale tutti i giorni”.
In realtà, tra i due emergono comunque chiaramente le distanze politiche: Il segretario Pd accusa l’ex ministro della Gioventù di voler “aggiornare” il Pnrr, mettendo così a rischio la credibilità dell’Italia a Bruxelles. “Il Portogallo – è la replica – lo ha chiesto e Gentiloni ha detto che è molto interessante. E noi non possiamo farlo? Bisogna utilizzarlo di più sul tema dell’approvigionamento energetico”.
Letta all’attacco anche sui rapporti privilegiati della leader FdI con l’Ungheria di Orban, e con chi vuole “un ‘Europa basata sui veti”. “Noi vogliamo – sottolinea – un’ Italia che conti in Europa, non che protesti. Come Draghi, che è andato a Kiev con Macron e Scholz: quella è la fotografia. Un’Italia che conta non che pone il veto con Polonia e Ungheria, anche perché noi abbiamo l’Euro”.
Meloni, prima difende l’idea che sia giusto rivendicare la tutela “dell’interesse nazionale”. Poi sul premier magiaro è molto prudente: “Ho buoni rapporti con Orban ma il suo partito sino a ieri era nel Ppe, non nel mio partito, quello dei conservatori. Saremo dialoganti con tutti ma c’è un problema di riequlibrio dell’asse franco-tedesco, quindi dovremo parlare con paesi mediterranei come con quelli dell’est. Soluzione è avvicinarli: no a Europa di serie A e di serie B”.
Sul tema caldo dell’immigrazione, Meloni ripropone la necessità di una missione europea che parli con la Libia per limitare le partenze, “distinguendo chi ha diritto di partire come i profughi da chi invece no”. Il segretario coglie la palla al balzo e rileva che ha evitato di parlare di “blocco navale”, perché, aggiunge: “è talmente evidente che non può essere applicato e il governo non lo può adottare”.
Quindi Letta torna ad attaccare i governi dell’est e i loro veti sulle politiche migratorie comuni. “Sono diversi – rintuzza infine Giorgia Meloni – i Paesi che si sono opposti alla redistribuzione, penso i gendarmi francesi a Ventimiglia, ma anche la Germania che ha scelto i suoi migranti, i siriani. Poi sulla Polonia, prudenza: si sta caricando tutti i profughi ucraini, misuriamo le parole”.
(di Marcello Campo/ANSA)