Elezioni 2022: scontro su bicamerale e riforme, Letta teme per Mattarella

Giorgia Meloni interviene nel programma Porta a porta". Sullo sfondo l'immagine di Enrico Letta.
Giorgia Meloni interviene nel programma Porta a porta". Sullo sfondo l'immagine di Enrico Letta. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

ROMA. – Lo scontro fra Enrico Letta e Giorgia Meloni si sposta sul Colle. Per il segretario Pd, la leader di FdI spinge sul presidenzialismo per ottenere “i pieni poteri” perché – spiega a La Stampa – “il vero obiettivo della destra è mandare a casa Sergio Mattarella”. Uscendo un attimo dalla “modalità monaco tibetano” dove era entrata per “non rispondere alle provocazioni”, Meloni ribatte: “Sono allarmismi che non hanno senso, non andiamo ad asfaltare le istituzioni”.

Lo sbocco al Quirinale rappresenta l’ennesima tappa di un duello sempre più duro, transitato anche dall’allarme per la democrazia lanciato da Letta. “Non ci sono pericoli fascisti né comunisti – gli risponde Matteo Salvini – Se vincesse Letta, non succede, ma se succedesse nessuno griderebbe ‘allarme arrivano i sovietici'”. E anche per Matteo Renzi, “l’allarme non c’è”.

Letta – spiegano dal Nazareno – ovviamente non si riferisce al rischio di un colpo di Stato ma al fatto che, con questa Legge elettorale, la destra potrebbe ottenere seggi a sufficienza per cambiare da sola la Costituzione e chiedere a Mattarella di farsi da parte, “come fece capire un lapsus rivelatore di Silvio Berlusconi”.

E qua torna in ballo la polemica sul Rosatellum che – in base ai calcoli del Pd – potrebbe consentire alla destra di ottenere il 70% dei seggi con poco più del 40% dei voti. “Chi ha votato questa legge elettorale? Io no – spiega Letta – Con il cerino in mano restano Rosato e Renzi nel Terzo polo che potrebbe andare con la destra. Questa legge elettorale è stata il tentativo sbagliato di Renzi di costruire una leadership a sua immagine e somiglianza. E’ sbagliatissimo”.

Resta sul piatto la proposta di Meloni di una bicamerale sulle riforme, in primis sul presidenzialismo. Letta l’ha già bocciata. Carlo Calenda attacca: “Questa campagna elettorale è diventata demenziale, tra Letta che parla di allarme democratico al mattino e di non allarme democratico al pomeriggio, Meloni che propone la bicamerale”. Mentre il suo alleato Matteo Renzi apre: “L’idea di una commissione bicamerale è tutt’altro che disprezzabile. Sono favorevole all’elezione diretta, ma credo che il sistema giusto sia l’elezione diretta del presidente del consiglio, non del presidente della Repubblica”. Meno entusiasta Matteo Salvini: “Se parlo agli allevatori e chiedo loro cosa pensano della Bicamerale per le riforme quelli mi inseguono con il bastone”. E poi rilancia: “Per noi l’autonomia in Veneto, piuttosto che in Emilia, è una priorità”.

Il segretario Pd continua intanto il lavoro “scientifico e certosino”, sui 60 collegi contentibili: “Il tema – è il ragionamento nel Pd – non è il voto utile, ma il voto intelligente”, visto che l’esito in quei seggi potrebbe ribaltare il pronostico dei sondaggi, finora favorevoli al centrodestra: “E chi vota terzo polo o M5s aiuta la destra”, ripetono i dem.

A incoraggiare al Nazareno ci sono i dati secondo cui “il Pd si conferma primo partito fra i giovani”, spiegano. In ogni caso, “il voto è sacro – ribadisce il segretario Pd – dura per cinque anni. Se noi vinciamo governiamo, sennò andiamo alla opposizione. Non saremo la ‘protezione civile'”.

La tappa clou della giornata di campagna elettorale per Letta è stata al suo seggio, al Testaccio a Roma, dove la candidata è Emma Bonino, “che ha tenuto la schiena dritta – spiegano dal Pd – e non ha seguito Calenda nel suo voltafaccia truffaldino”. Per Letta “Emma è sempre stata all’avanguardia. Alle volte si è trovata troppo avanti rispetto al Paese. O forse era il Paese a essere indietro”.

C’è poi il grande capitolo del post: le energie sono concentrate sul 25 settembre, ma dentro il partito c’è chi comincia a pensare a cosa potrà avvenire nel Pd dopo il voto. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando mette le mani avanti. “Concordo con Franceschini: Letta non deve dimettersi se il Pd perde. Non serve cambiare una figurina, ma ora dobbiamo decidere cosa fare in caso di vittoria. E in caso di vittoria dobbiamo costruire una società più giusta”.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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