Vaiolo delle scimmie in frenata, meno 25,5% casi in sette giorni

Cartellone con l'indicazione delle nazioni dove si è diffuso il vaiolo delle scimmie.
Cartellone con l'indicazione delle nazioni dove si è diffuso il vaiolo delle scimmie. EPA/IDREES MOHAMMED

ROMA. – L’epidemia di vaiolo delle scimmie dà i primi segnali di rallentamento. Nella settimana compresa tra il 29 agosto e il 4 settembre, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si sono verificati 5.029 casi, il 25,5% in meno rispetto alla settimana precedente, quando i contagi erano stati 6.746. Complessivamente, al 5 settembre sono 52.997 i contagi confermati e 398 quelli probabili. Ammonta a 18 il numero dei decessi, 3 dei quali verificatisi nell’ultima settimana.

Gli Stati Uniti continuano a essere lo Stato più colpito: con 19.351 contagi registrati, i casi americani rappresentano più di un terzo di quelli globali. Seguono Spagna (6.645 casi), Brasile (5.197), Francia (3.646), Germania (3.493), Regno Unito (3.413), Perù (1.546), Canada (1.289), Olanda (1.172), Portogallo (871). In questi dieci Paesi si è verificato l’88% dei contagi, anche se il virus continua a diffondersi e negli ultimi 7 giorni il Sudan del Sud ha visto il suo primo paziente positivo portando a 102 il numero di Stati toccati dal contagio.

I nuovi dati confermano la netta prevalenza maschile dell’infezione. A oggi il 98,2% dei contagi si è verificato in maschi con un’età mediana di 36 anni. Si contano però anche 163 casi in minori di 18 anni e, tra questi, 43 bambini con meno di 4 anni. Nessuno dei contagi tra minori si è verificato in ambiente scolastico e il 40% di essi sono stati registrati in Africa.

“Tra i casi con orientamento sessuale noto, il 95,2% (11.923 su 12.530) si identifica come maschio che fa sesso con maschi”, si legge nel report Oms. “Tra quelli in cui è noto lo status Hiv il 44,9% (5.576 su 12.411) è sieropositivo”. La più frequente modalità di contagio riferita (91% dei casi) è quella per via sessuale. Si contano anche 313 casi tra sanitari, ma la quasi totalità ha contratto il virus al di fuori dall’ambiente sanitario.

“È incoraggiante vedere che in alcuni Paesi dell’Europa e del Nord America ora assistiamo a un calo sostenuto dei casi, a dimostrazione dell’efficacia degli interventi di salute pubblica e dell’impegno della comunità per monitorare le infezioni e prevenire la trasmissione”, ha detto nei giorni scorsi il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.

“Questi segnali confermano quanto affermato con costanza sin dall’inizio: che con le giuste misure, si tratta di un focolaio che si può fermare. E nelle regioni che non hanno trasmissione da animale a uomo, questo è un virus che può essere eliminato”.

(di Antonino Michienzi/ANSA)

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