Liz Truss verso l’incoronazione per il dopo Johnson

Rishi Sunak e Liz Truss. (ANSA)

LONDRA.  – I giochi sono fatti, non resta che attendere l’annuncio di un risultato ormai scontato. Il Regno Unito si prepara al passaggio di consegne a Downing Street, dopo la caduta di Boris Johnson segnata dallo scandalo Partygate e all’ultima congiura interna al Partito Conservatore.

Passaggio che verrà formalizzato fra lunedì e martedì in coda alla chiusura oggi dello scrutinio postale fra gli iscritti Tory chiamati a decidere del ballottaggio finale fra la ministra degli Esteri in carica, Liz Truss, 47 anni, e l’ex cancelliere dello Scacchiere 42enne Rishi Sunak.

Una pura formalità, salvo miracoli o sorprese clamorose, visto che tutti i sondaggi assegnano da settimane vantaggi incolmabili a Truss: impegnatasi dinanzi alla base militante della formazione di maggioranza – almeno nella retorica dei comizi – ad accentuare il baricentro del governo a destra a colpi di promesse di deregulation, tagli fiscali (malgrado la minaccia di un’inflazione che morde), toni assertivi verso l’Ue (e la Francia di Emmanuel Macron) sui dossier del post Brexit, dall’immigrazione al protocollo sull’Irlanda del Nord.

Non senza assicurare continuità rispetto a BoJo, e in toni ancor meno diplomatici, sul fronte della linea dura contro la guerra in Ucraina della Russia di Putin. E adottando Margaret Thatcher quale modello da riesumare e da imitare, talora persino in qualche vecchio outfit, sebbene senza aver mostrato finora tracce del carisma riconosciuto a suo tempo alla defunta Lady di Ferro.

Parole d’ordine più che sufficienti in ogni modo per far breccia fra i circa 200.000 iscritti Tory – in maggioranza bianchi, maturi, residenti nelle contee più benestanti dell’Inghilterra meridionale – e tenere a bada il giovane e ambizioso Sunak. Le cui origini familiari indiane avrebbero rappresentato simbolicamente una novità ben maggiore a Downing Street rispetto all’ascesa d’una terza premier donna conservatrice dopo l’epopea Thatcher e la parentesi sbiadita di Theresa May.

Ma che ha pagato il fatto d’esser stato titolare del Tesoro in anni complicati, i richiami alla cautela sulle politiche di bilancio, le polemiche sulle ricchezze delle consorte miliardaria e soprattutto il tradimento di Johnson: costretto a uscire di scena in anticipo dopo poco più di un triennio, ma tuttora in testa alle liste di popolarità fra gli attivisti Tories titolari di tessera.

Sia come sia, per Truss il difficile inizia adesso. Dopo la proclamazione lunedì 5 dell’esito del ballottaggio, a spoglio delle schede completato; e dopo il cambio della guardia con Boris da formalizzare martedì 6 nelle mani della 96enne regina Elisabetta, costretta a ricevere per la prima volta un primo ministro uscente e uno entrante (il numero 15 nei suoi 7 decenni di regno da record) nella residenza scozzese di Balmoral, a quasi mille chilometri da Londra, causa il recente aggravamento di preoccupanti problemi di mobilità.

A pesare saranno le necessità di bilanciare le promesse con la realtà, di affrontare scenari di crisi, recessione, caro vita, scioperi e impennata dei costi dell’energia, di provare a ridare un minimo di unità ai conservatori. E di farlo partendo da una posizione di leader fragile, non benedetta dalle urne nazionali, scelta per caso o per esclusione dopo un decennio trascorso sui banchi governativi senza soluzione di continuità, ma solo 12 mesi al timone di un dicastero top grazie alla promozione ottenuta da Johnson nel settembre 2021 al Foreign Office.

Tanto più che il successo accreditatole contro Sunak fra i militanti non si rispecchia certo nell’elettorato più vasto, anche a dispetto di un’opposizione laburista che sotto la leadership neomoderata di Keir Starmer ha approfittato sondaggi alla mano delle grane Tory e del vuoto di potere più in forza delle disgrazie altrui che di un rilancio consolidato del proprio consenso.

Elettorato a cui in ultimo spetterà decidere dei suoi destini personali, di quelli del partito e del quelli del Paese: sia nel caso dell’azzardo di un voto anticipato, sia laddove la nuova compagine dovesse riuscire ad arrivare di riffe o di raffe alla scadenza della legislatura della Camera dei Comuni di fine 2024. Oltre i termini della quale c’è chi non esclude neppure il sogno (alla Trump o alla Berlusconi) d’una resurrezione di BoJo.

(di Alessandro Logroscino/ANSA).

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