16 milioni alla vedova Bryant per le foto dell’incidente

Kobe Bryant e la figlia Gianna (una promessa nella pallacanestro femminile) morti nell'incidente dell'elicottero.
Kobe Bryant e la figlia Gianna in un'immagine d'archivio. (ANSA)

WASHINGTON. – Vanessa Bryant ha ottenuto un risarcimento danni di 16 milioni di dollari per la condivisione privata da parte di poliziotti e pompieri delle foto shock dell’incidente in elicottero in cui persero la vita il marito, leggenda dei Los Angeles Lakers, la figlia Gianna (detta Gigi) di 13 anni ed altre sette persone.

Altri 15 milioni andranno a Chris Chester, la cui moglie Sarah (45) e la cui figlia Payton (13) morirono nello stesso incidente.

L’indennizzo (meno della metà di quanto richiesto) è per la sofferenza legata al timore che quelle immagini finiscano su internet e la negligenza con cui furono trattate, violando il diritto costituzionale alla privacy. Così ha deciso una giuria di Los Angeles dopo quattro ore e mezzo di camera di consiglio e due settimane di processo civile show, dove sono comparsi Rob Pelinka, il manager dei Lakers, ed altri amici vip della donna.

La ribalta è stata assicurata dalla fama mondiale di Bryant, che mtrascende il mondo del basket e che continua a restare viva: mproprio mercoledì, giorno della sentenza, a 14 blocchi dal tribunale è stato svelato un nuovo murales per celebrare l’eredità di “Mamba”, il suo soprannome.

L’incidente risale ad una nebbiosa mattina del gennaio 2020, quando il campione ed altre otto persone stavano volando alla periferia di Los Angeles per un torneo giovanile di basket cui doveva partecipare anche la figlia. Il pilota perse l’orientamento tra le nuvole e l’elicottero si schiantò su una collina vicino a Calabasas.

Vanessa Bryant e i parenti delle altre vittime avevano già siglato un accordo risarcitorio riservato con la società proprietaria dell’elicottero. Ma poi è spuntata la storia che alcuni vice sceriffi e vigili del fuoco intervenuti sul luogo del disastro avevano scattato foto dei resti dei corpi e le avevano condivise con colleghi, mogli, persino un paio di baristi.

Quando ne fu informata da un reporter del Los Angeles Times, Vanessa rimase sconvolta. “Volevo correre in fondo alla strada e urlare ma non potevo scappare dal mio corpo”, ha testimoniato in aula tra le lacrime. “Vivo nella paura ogni giorno di stare sui social e che escano quelle foto”, ha spiegato, aggiungendo di temere la stessa cosa anche per le sue tre figlie di 19, 5 e 3 anni. Per questo decise di fare causa alla contea di Los Angeles.

Dopo che esplose la polemica, gli interessati cancellarono le foto, in quella che i legali della donna hanno definito una distruzione delle prove e un tentativo di insabbiamento dopo il loro macabro voyerismo. La difesa ha ammesso che le immagini furono scattate e condivise ma ha sostenuto che la loro eliminazione ha garantito che non fossero divulgate. “Questo è un processo per delle foto ma non c’è alcuna foto”, ha argomentato, sottolineando inoltre che “rivendicare la privacy e poi rivelare in pubblico tutti quei dettagli sfida la logica”.

La giuria non è stata di questo avviso. E Vanessa ha potuto felicitarsi su Instagram: “Tutto per voi! Vi amo! Giustizia per Kobe e Gigi”, ha scritto postando una foto di loro tre. “#Scommettere su se stessi#Mambaday#Mambamentality”, ha aggiunto.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).

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