Cattolici italiani: “Più accoglienza per le persone Lgbt”

Nella foto d'archivio la bandiera multicolore in un Roma Gay Pride
Nella foto d'archivio la bandiera multicolore in un Roma Gay Pride. ANSA/ GIORGIO ONORATI

CITTÀ DEL VATICANO. – Accogliere e includere, aprirsi alle persone Lgbt+ e ai loro familiari per una Chiesa che sappia rinnovarsi, che sappia “far entrare” e non discriminare. E sugli abusi fare chiarezza, non nascondere ma confrontarsi con le vittime di quei “crimini per cui la Chiesa prova vergogna e pentimento”.

E’ l’appello dei cattolici italiani al termine della fase diocesana del Sinodo 2021-23, il confronto cioè con il “Popolo di Dio”, con chi ogni giorno è impegnato nella professione della fede e deve far fronte a richieste ed esigenze che richiedono – si legge – “un ripensamento complessivo” della Chiesa per un “processo di rinnovamento in vista di comunità più aperte, meno giudicanti e capaci di non lasciare indietro nessuno”.

Una sintesi – quella pubblicata oggi dalla Cei – che sembra indirettamente anche assumere i contorni di un monito alla politica, immersa in una campagna elettorale all’ultimo respiro che si concluderà con le elezioni del 25 settembre. Accoglienza e ascolto sono le parole d’ordine del mondo cattolico. Dare attenzione ai giovani “poco compresi” e troppo spesso “giudicati”, ma anche alle persone separate e divorziate, agli omosessuali e ai migranti, ai disabili e agli emarginati.

“Le persone – si legge nelle 13 pagine della sintesi – costituiscono la vera ricchezza delle comunità, ciascuna con il suo valore unico e infinito”. La comunità cattolica chiede a gran voce “di far cadere i pregiudizi”, “di rinunciare alla pretesa di sapere sempre che cosa dire”, “di imparare a riconoscere e accogliere la complessità e la pluralità”.

“Con chiarezza le Chiese che sono in Italia – si legge – hanno messo in luce la necessità di porsi in ascolto dei giovani, che non chiedono che si faccia qualcosa per loro, ma di essere ascoltati; delle vittime degli abusi sessuali e di coscienza, crimini per cui la Chiesa prova vergogna e pentimento ed è determinata a promuovere relazioni e ambienti sicuri nel presente e nel futuro; delle vittime di tutte le forme di ingiustizia, in particolare della criminalità organizzata; dei territori, di cui imparare ad accogliere il grido, grazie all’apporto di competenze specifiche e all’impegno di ‘stare dentro’ a un luogo e alla sua storia”.

Sul tema della donna, infine, le diocesi sottolineano la mancanza di “una reale condivisione delle responsabilità che consente alla voce femminile di esprimersi e di contare”. “Particolare attenzione – spiegano le comunità – va riservata a religiose e consacrate, che spesso si sentono utilizzate soltanto come ‘manodopera pastorale'”. Il messaggio è chiaro e urgente e i vescovi non potranno non tenerne conto in vista della fase universale del Sinodo che arriverà il prossimo anno.

(di Domenico Palesse/ANSA)

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