Cybersecurity: boom attacchi, 3.147 imprese in “guerra”

Tasto con la scritta "Cyber security" nella tastiera di un computer.

ROMA – Hacker come pirati, istituzioni e aziende come velieri che anziché trasportare oro custodiscono dati, la nuova ricchezza. Al posto dell’oceano il cyberspazio, trasformato progressivamente negli ultimi anni in un vero e proprio teatro di “guerra”.
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Sono i numeri a certificarlo: secondo il Viminale in un anno gli attacchi hacker rilevati sono cresciuti dell’80%, attestandosi a 8.814 episodi, con circa 115mila alert diramati a scopo di prevenzione. Parallelamente continua a crescere la schiera di aziende che scende in campo contro i pirati informatici: +5,4% negli ultimi nove mesi, toccando quota 3.147, fotografano Unioncamere e Infocamere.

Un trend che prosegue in salita nonostante il gran balzo fatto registrare nel biennio 2018-2020 (+32%), con un contestuale aumento del numero di impiegati nel settore, passati da 28.400 a 29.100 (+2,3%).

Il 22% delle aziende, mediamente composte da nove addetti, si concentra nel Lazio, dove al 30 giugno scorso avevano sede 708 società. Al secondo posto c’è la Lombardia, con 581 imprese, seguita da Campania, Sicilia e Veneto, rispettivamente con 317, 216 e 209 aziende anti-hacker.

Le imprese che hanno creato più opportunità di lavoro sono localizzate in Lombardia, Lazio e Trentino Alto Adige che, con i loro 18mila addetti, rappresentano il 62% di tutto il settore.

La Campania è la prima tra le Regioni del Mezzogiorno con 1.461 addetti e il 5% del totale.

Dal furto di dati alle richieste di riscatto, dall’estremismo politico a quello religioso fino agli scopi bellici della “guerra ibrida”, sono tanti i motivi che spingono i pirati all’abbordaggio informatico, non di rado con l’avallo di governi nazionali, ricalcando un po’ la dinamica degli antichi corsari.

Una guerra che non risparmia nessuno, nemmeno il singolo cittadino: secondo un rapporto dall’azienda di cybersicurezza Surfshark dal 2004 ogni italiano ha sperimentato, in media, circa quattro furti di dati digitali personali come password, indirizzi mail o altri dati. L’Italia si classifica così al nono posto nella classifica mondiale dei Paesi per numero di violazioni di dati personali.

Numeri di una sfida che passa anche e soprattutto per le risorse pubbliche, in particolare dal Pnrr, che mette a disposizione un investimento da 623 milioni, con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale nelle vesti di soggetto attuatore.

Ma su questo fronte, nei giorni scorsi, sono state le Regioni a lanciare l’allarme, definendo “insufficienti” gli stanziamenti e chiedendo al governo risorse anche per la formazione continua del personale impiegato nelle pubbliche amministrazioni.

(di Marco Assab/ANSA).

 

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