Adesca 26 bimbe su WhatsApp fingendosi 14enne, arrestato

Ufficio stampa della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Ancona.

MILANO. – Sul web era un ragazzino di 14 anni dal volto angelico, dai modi gentili e scherzosi. Nella vita reale era invece un insospettabile trentenne che, con messaggi scherzosi e seducenti, adescava via WhatsApp bambine tra i dieci e i tredici anni che – ignare della vera identità del loro corteggiatore – si spogliavano per inviargli foto hot e momenti di intimità virtuale.

E’ uno degli ultimi casi di pedopornografia online scoperti dalla Procura di Milano, che nei mesi scorsi ha arrestato l’uomo con l’accusa di detenzione, cessione, produzione, tentativo di produzione di materiale pedopornografico e violenza sessuale, contestata anche se avvenuta via internet, aggravata dalla minore età della vittima.

Sono 26, secondo l’accusa, le giovanissime cadute nella rete dell’uomo, per il quale nelle scorse settimane il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Il provvedimento è stato però impugnato dal pubblico ministero Giovanni Tarzia, che ha ribadito la necessità di disporre la custodia cautelare in carcere. Il magistrato è convinto che, in casi come questi, dare i domiciliari sarebbe come istigare l’indagato a reiterare il reato, dal momento che il sequestro di telefono e pc non esclude la possibilità di procurarsi altri dispositivi.

L’udienza in cui verrà discusso il ricorso è stata fissata ai primi di ottobre. L’inchiesta è partita dalla denuncia ai carabinieri della famiglia di una delle piccole che, dopo aver conosciuto l’uomo, si mostrava sempre più turbata. Con l’aiuto di uno psicologo la bambina ha raccontato tutto, a partire da un rapporto intimo virtuale, permettendo di arrivare al presunto pedofilo, un tipo con un lavoro normale e una fidanzata.

“Negli ultimi cinque anni si è verificato un incremento significativo di casi di pedopornografia, alcune volte connessi a episodi di pedofilia – osserva il pm Giovanni Tarzia -. I numeri sono spaventosi e sono aumentati in parte a causa dei due anni di pandemia, in parte per la facilità con cui ora è possibile scambiare foto e video via internet, oltre al fatto che le nuove generazioni sempre più spesso vivono i loro rapporti in modo virtuale. Cosa che li rende più facilmente aggredibili”.

Le indagini hanno portato a individuare in Italia parecchi produttori di materiale pedopornografico, che un tempo risiedevano solo all’estero mentre nel nostro Paese veniva solo perseguito chi scambiava o deteneva questo materiale illegale.

(di Francesca Brunati/ANSA)