La lunga attesa del grano di Odessa, missili su Mykolaiv

Una trincea a Odessa. (ANSA)

BRUXELLES. – A oltre una settimana dall’intesa di Istanbul la lunga attesa delle navi del grano ad Odessa prosegue, nonostante la partenza del primo cargo sia stato ciclicamente annunciato nelle ultime ore. Venerdì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in missione nella città sul Mar Nero, aveva ribadito come Kiev fosse pronta a far partire la prima nave. Ma il grano ucraino, diretto innanzitutto in Medio Oriente e Africa, non ha ancora mollato gli ormeggi.

E, nel frattempo, la Russia è tornata ad attaccare il sud del Paese, colpendo nella notte la città di Mykolaiv. Lo stallo sulle navi del grano, infatti, è stato accompagnato da una serie di attacchi russi e accuse reciproche tra Kiev e Mosca. A finire nel mirino è ancora la strage dei combattenti della brigata Azov, difensori dell’acciaieria Azvostal e detenuti nel carcere di Olenivka, colpito da un raid che ha causato cinquanta vittime.

“L’Ue condanna con la massima fermezza le atrocità commesse dall’esercito russo. Questi atti inumani e barbari rappresentano gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra e del loro Protocollo aggiuntivo e costituiscono crimini di guerra”, ha sottolineato l’Alto Rappresentante per la Politica Estera europea, Josep Borrell. A Kiev i parenti dei prigionieri di guerra ucraini ex difensori dell’acciaieria Azovstal a Mariupol e diversi attivisti hanno protestato per le strade della capitale inviperiti anche dal tweet diffuso dall’ambasciata russa a Londra.

“I militanti dell’Azov meritano l’esecuzione, ma la morte non per fucilazione bensì per impiccagione, perché non sono veri soldati. Meritano una morte umiliante”, sono state le parole della sede diplomatica russa. Nella notte Mosca è tornata a lanciare missili nel Donbass e sulla città di Mykolaiv, causando almeno sette morti. La guerra, insomma, non accenna a fermarsi. Anzi, Mosca sta reclutando volontari in tutto il Paese con l’obiettivo di rimpolpare l’esercito di almeno 30mila unità.

Da Murmansk, nel Circolo Polare Artico, a Perm, negli Urali, e a Primorsky Krai, nell’Estremo Oriente russo, è stato lanciato un appello sia al patriottismo che ai portafogli dei russi. E, viste le numerose perdite da colmare, l’esperienza militare non è più neppure richiesta. In questo contesto, la fragile attuazione dell’intesa tra Onu, Turchia, Ucraina e Russia sul grano non decolla.

Secondo le ultime notizie sarebbero 16 le navi riempite di cereali in attesa di un corridoio sicuro nel mar Nero nei porti di Odessa, Pivdennyi e Chornomorsk. Il dossier è stato anche al centro di una telefonata tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

Dagli Usa, invece, arriva un segnale che potrebbe cambiare sensibilmente lo scenario di guerra. Un gruppo di parlamentari bipartisan che la settimana scorsa si è recato in visita in Ucraina ha chiesto al presidente Biden di inviare “consiglieri” per aiutare le forze di Kiev a gestire le migliaia di armi inviate dagli Usa, a organizzare la logistica e dare un sostegno all’intelligence locale. Sono i ‘Green Berets’, forze speciali dell’esercito americano addestrate per guerre non convenzionali e operazioni ad alto rischio.

“Nessuno sta suggerendo di inviare soldati”; ha precisato il repubblicano Michael Waltz. Ma si tratterebbe, in qualche modo, di ‘boots on the ground’, su cui Washington si è detta sempre contraria. I ‘berretti verdi’ furono i primi ad essere inviati in Vietnam. E sappiamo poi come andò a finire.

(di Michele Esposito/ANSA)

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