Terremoto Fi: fuori Brunetta e Cangini, quasi addio Carfagna

il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.
il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. (ANSA)

ROMA. – A meno di 24 ore dal ‘Papeete bis’ che stavolta ha coinvolto anche Silvio Berlusconi, è su Forza Italia che ricade la slavina innescata dalla mancata fiducia al governo Draghi. Ieri Maria Stella Gelmini, si stacca Renato Brunetta e il terzo ministro della squadra sta riflettendo anche se questa riflessione appare quasi come un addio. “Prendo le distanze e avvio una seria riflessione politica”, annuncia infatti Mara Carfagna in serata. Evita bacchettate sulla gestione della crisi la ministra per il Sud, ma ammette di non averla condivisa: “Quanto accaduto ieri rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto”.

Un vero addio – il terzo degli azzurri – lo annuncia, invece, il senatore Andrea Cangini che traduce così il dissenso espresso ieri in Aula con il sì alla fiducia. Il partito del Cavaliere insomma si ritrova a raccogliere i cocci, sperando che non se ne aggiungano altri sul terreno. O che non li ricomponga Fratelli d’Italia che nel frattempo si ‘gode’ le dimissioni del premier e sembra già in modalità ‘governativa’. Lo fa dando l’ok alla calendarizzazione e all’esame parlamentare di tutte le riforme urgenti per l’attuazione del Pnrr.

“In continuità con quel ruolo di opposizione responsabile e patriottica”, rivendicano i capigruppo Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani con una nota che anticipa l’appello del presidente Mattarella a “un contributo costruttivo nell’interesse dell’Italia”.

Giorgia Meloni va oltre e rimarca pure che l’atlantismo dell’Italia non è in discussione. E non lo sarebbe nemmeno con un governo di destra, sembra dire. Perciò respinge ogni ingerenza dei governi europei sulla crisi italiana, mentre salva il comunicato della Casa Bianca che “è stato più rispettoso”.

In moto si è messo pure Matteo Salvini in vista delle elezioni di autunno. Tra incontri a raffica e promesse di impegni, il leghista apre di fatto la campagna elettorale e avvia la rincorsa a Meloni, vera rivale nel centrodestra. Per gran parte della giornata discute con ministri, sottosegretari ed europarlamentari. Poi annuncia che la priorità del prossimo governo di centrodestra sarà “una grande necessaria, definitiva pace fiscale” con la rottamazione e stralcio di 50 milioni di cartelle esattoriali.

Sotto choc è invece un pezzo di FI che si sveglia con lo strappo di un altro ministro azzurro: Renato Brunetta. Non da traditore, però: “Non sono io che lascio, è FI che lascia se stessa”, contrattacca il responsabile della Pubblica amministrazione. “Riposino in pace” sibila al direttore di Repubblica Silvio Berlusconi al terzo addio stigmatizzando che i suoi ormai ex fedelissimi sono solo “esponenti senza seguito né futuro politico”.

E alle accuse che questi ultimi rivolgono a Forza Italia di essersi “appiattita sul peggior populismo sovranista, sacrificando un campione come Draghi”, ribatte: “Non volevamo far cadere Draghi, ma si è reso indisponibile a un bis. Probabilmente era stanco e ha colto la palla al balzo per andarsene”. Intanto Brunetta punta già su nuovi orizzonti politici nel solco dei valori di Fi: “Mi batterò ora perché la sua cultura, i suoi valori e le sue migliori energie liberali e moderate non vadano perduti e confluiscano in un’unione repubblicana, saldamente ancorata all’euroatlantismo”.

Difficile per ora saperne di più. Di certo il ‘bottino’ di consensi e competenze dei due (o tre) big di FI attrae parecchi. Ma i tempi ristretti che mancano alle elezioni allontanano l’ipotesi di un progetto politico concreto. Nei corridoi tra i parlamentari un po’ spiazzati un po’ sgomenti, si vocifera di liste con i centristi di Giovanni Toti o con i riformisti di Carlo Calenda. Altri immaginano pure un asse con Matteo Renzi che oggi invita a un grande rassemblement o un approdo di singoli a FdI, per guadagnare consensi più certi.

(di Michela Suglia/ANSA)

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