Ghetto per 10mila migranti nei campi, senza diritti

Braccianti immigrati raccolgono vegetali nel campo.
Braccianti immigrati raccolgono vegetali nel campo. (ANSA)

ROMA. – Sono almeno 10mila i migranti che lavorano nei campi italiani senza diritti e servizi che possano anche aiutarli nell’integrazione. Insomma costretti al ”ghetto” e al lavoro oltretutto malpagato, vivono in condizioni limite.

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La maggior parte é al Sud, magari in una baracca tirata su con le lamiere, ma il fenomeno riguarda tutto il Paese. Duro il commento dell'attivista Aboubakar Soumahoro: ''i nostri diritti stanno marcendo nei campi e lungo la filiera agroalimentare".

Si tratta di persone "che vivono in insediamenti informali in Italia. Luoghi di privazione dei diritti e di sfruttamento, in molti casi presenti da diversi anni, privi di servizi essenziali e di servizi per l'integrazione", spiega il Rapporto. "Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare" pubblicato dal Ministero del Lavoro e dall'Anci nell'ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022.

L’indagine ha consentito al Ministero del Lavoro di individuare anche le amministrazioni locali destinatarie dei 200 milioni di euro del Pnrr investiti con l’obiettivo di superare questi insediamenti.

“Questo Rapporto non è la semplice mappatura di come i migranti vivono e lavorano nei nostri campi, ma restituisce in maniera più ampia il modo in cui sui nostri territori, oggi, riconosciamo o neghiamo dignità a quelle vite e a quel lavoro”, scrivono nella prefazione Orlando e Decaro.

“Troppo a lungo abbiamo portato il peso di luoghi che negano i nostri principi costituenti e il rispetto dovuto a ogni essere umano. Li abbiamo, etimologicamente, tollerati. Non possiamo e non vogliamo più sostenere quel peso. Riconsegniamo ovunque alle parole ‘casa’ e ‘lavoro’ il senso che dovrebbero avere”. Insomma bisogna ”restituire dignità”.

Dal canto suo Soumahoro spiega: “Il censimento negli insediamenti dei braccianti è sicuramente una buona cosa anche se è molto difficile censire delle persone invisibili e inesistenti per lo Stato. Per censire gli invisibili occorre prima dargli visibilità, altrimenti si rischia di affermare numeri approssimativi distanti dalla realtà”. Inoltre, “il termine ‘braccianti migranti’, usato più volte nel Rapporto del Ministero, è forviante perché tende a spogliare i braccianti della condizione drammatica di lavoratrice e lavoratore (che condividono con altri braccianti italiani) per confinarli in un ambito prettamente migratorio”.

Sono 38 i Comuni – spiega il Rapporto – che hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, con sistemazioni varie (casolari e palazzi occupati, baracche, tende e roulotte) e presenze che vanno dalle poche unità registrate nei micro insediamenti, alle migliaia di persone nei “ghetti” più noti alle cronache. Alcune aree del Meridione guidano la classifica delle 11 Regioni coinvolte, ma il fenomeno interessa tutto il Paese.

Pur avendo un carattere prevalentemente stabile – spiega il rapporto – nella maggior parte dei casi, non sono presenti servizi essenziali e all’interno degli insediamenti informali, le condizioni di vita risultano estremamente precarie. Molto scarsa (meno del 30% dei casi) risulta essere la presenza nelle vicinanze di servizi pubblici di trasporto: questo dato, confrontato con le stime sul raggio territoriale degli spostamenti dei migranti, risulta essere particolarmente significativo, soprattutto in considerazione del rischio di ricorrere a caporali e trasporti inadeguati.

(di Francesco Carbone/ANSA).

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