Bannon-show, parte il processo all’ex stratega di Trump

Stephen Bannon in una foto d'archivio.
Stephen Bannon in una foto d'archivio. (Ansa)

NEW YORK.  – In America va in scena lo “Steve Bannon Show’. L’ex stratega di Donald Trump si è presentato oggi in tribunale per l’avvio del suo processo: è accusato di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d’inchiesta sull’assalto del 6 gennaio a Capitol Hill. Se condannato, rischia da un minimo di 30 giorni fino a un massimo di due anni di carcere.
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Giacca e camicia scure, pantalone grigio, Bannon ha salutato sorridendo la piccola folla radunata davanti al palazzo di Giustizia. “É una buona giornata”, ha esordito ostentando sicurezza all’avvio di una settimana cruciale, forse quella della resa dei conti, per il suo ex capo.

Oltre al suo proceso sono infatti attese giovedì nuove rivelazioni da parte della commissione sul 6 gennaio che, in prima serata, fornirà agli americani un resoconto minuto per minuto di quello che Trump fece – e soprattutto non fece – durante l’insurrezione. Venerdì invece l’ex presidente si riprenderà la scena con un comizio in Arizona durante il quale sfiderà a distanza il suo ex numero due Mike Pence, in visita nello Stato nella stessa giornata.

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Per Bannon e Trump il processo che si è aperto è un banco di prova importante in vista soprattutto della possibile ricandidatura alla Casa Bianca dell'ex presidente nel 2024. Bollato da Time come il “grande manipolatore” e definito da molti il “Rasputin di Trump”, Bannon ha cercato fino alla fine di evitare il processo. Ha addirittura fatto marcia indietro dicendosi disponibile a testimoniare davanti alla commissione del 6 gennaio per raccontare, in un'udienza pubblica e trasmessa in diretta, la sua verità. Ma il suo dietrofront è arrivato troppo tardi.

Ora deve difendersi davanti a una giuria e al giudice distrettuale nominato da Trump, Carl Nichols. Proprio Nichols ha spuntato le armi di Bannon respingendo la sua rivendicazione del 'privilegio esecutivo' e limitando di fatto la sua difesa alla mera comprensione o meno della scadenza fissata per rispondere alle richieste della commissione.

Bannon ha sempre negato ogni responsabilità per l'attacco del 6 gennaio, pur vantandosi di essere "l'architetto ideologico" degli sforzi per ribaltare il risultato delle elezioni del 2020.

Allontanato dalla Casa Bianca nel 2017 dallo stesso tycoon, Bannon non ha mai scaricato del tutto Trump e con il suo podcast 'War Room' – vietato sulle maggiori piattaforme social per i contenuti violenti – ha portato avanti teorie cospiratorie. Già nel settembre 2020 si era spinto a delineare i passi che l'ex presidente avrebbe dovuto intraprendere per capovolgere il voto.

Il 5 gennaio 2021 Trump e Bannon avrebbero parlato telefonicamente almeno due volte. E l'ex stratega era – secondo indiscrezioni – al Willard Hotel di Washington nei giorni precedenti all'assalto in qualità di componente del “command center” dei fedelissimi di Trump, al lavoro giorno e notte per negare a Joe Biden la presidenza.

Proprio sui giorni precedenti il fatidico 6 gennaio la commissione speciale per l'assalto a Capitol Hill vuole sentiré Bannon. E l'ex stratega, dopo un anno di rifiuti, è ora pronto a farlo: vuole raccontare la sua versione dei fatti, forse in accordo con Trump che, in un'eventuale testimonianza del suo ex braccio destro, potrebbe contare sull'unica voce amica di fronte a una commissione "fantoccio", come l'ha spesso definita, e dove siede la nemica per eccellenza Liz Cheney.

(di Serena Di Ronza/ANSA).