Tre anni senza Camilleri, un’assenza che si sente

Lo scrittore Andrea Camilleri ritratto nel suo appartamento a Roma durante la tradizionale composizione del presepe nel giorno dell' Immacolata Comcezione della Beata Vergine Maria, 8 dicembre 2006.
Lo scrittore Andrea Camilleri ritratto nel suo appartamento a Roma durante la tradizionale composizione del presepe nel giorno dell' Immacolata Comcezione della Beata Vergine Maria, 8 dicembre 2006. LUCIANO DEL CASTILLO/ANSA

TRIESTE. – Nonostante l’allegra confusione delle nostre vite frenetiche e le angosce del vorticare di tragedie inattese come la pandemia e la guerra in Ucraina, l’assenza di una voce come quella di Andrea Camilleri si sente. Non una voce qualunque, la sua: roca, ma soprattutto paterna e autorevole. Un grande vecchio, un Maestro, morto tre anni fa dopo un breve periodo di agonia in un letto dell’ospedale Santo Spirito attorniato dall’affetto dei parenti, degli amici, e di tantissimi sconosciuti.

Uno scrittore che aveva scelto la bonaria determinazione di un incallito scapolone come Salvo Montalbano per esprimere il proprio pensiero rivolgendosi a tutti, e opere mai complesse ma molto pregnanti e significative per chi invece desiderava spingersi oltre. Comunque, in entrambi i casi, che si trattasse di cultura “alta” o cultura “bassa” – distinzione che non amava e non riteneva fondata – una voce indipendente.

Libera, mai organica. Commuoveva – e si commuoveva lui stesso – l’aneddoto che raccontava di due contadini che parlavano di arte davanti al Duomo di Orvieto a testimonianza che non bisogna essere critici per capire, percepire la bellezza. Uomo di cultura enciclopedica, regista televisivo e teatrale (indimenticabili alcune sue mise en scène di Pirandello), poeta, ha lasciato un vuoto non fosse altro che per l’impegno sociale.

Un atteggiamento che oggi ha quasi un sapore stantìo, quel veterocomunismo figlio di chi ha vissuto lo strazio della seconda guerra mondiale e la spaccatura tra capitalismo e socialismo che ne era conseguita, con altrettanti drammi e lacerazioni. Uno scrittore, un poeta, un saggista non si misura dal numero di copie vendute né dal numero di pagine scritte – libelli erti mezzo polpastrello sono stati più incisivi di opere che superano le mille pagine – ma (anche) dalla profondità cui si spinge nel cuore delle persone e nell’influenza del pensiero collettivo.

Andrea Camilleri ha saputo entrare con gentilezza nelle case di tante famiglie, sedersi su una poltrona riservata alla comodità e intrattenersi affabilmente a parlare del più e del meno. Sono già tre anni che non c’è più, che la sua voce è affidata al ricordo.

La pubblicazione dello sbandierato “Riccardino” che da decenni si sapeva aveva scritto per una uscita postuma e l’acuta “Autodifesa di Caino”, oltre a varie ripubblicazioni non lo restituiscono al nostro desiderio di orientamento, di una guida imparziale. Almeno, l’istituzione di un Fondo a lui dedicato e destinato ai posteri, ne proietta la figura nel futuro, qualora qualcuno lo dimenticasse. Ci manchi, Maestro.

(di Francesco De Filippo/ANSA)