Bankitalia: Pil cresce ancora ma spettro stop a gas

Un operaio camminando in un deposito di materiale industria meccanica..
Un operaio camminando in un deposito di materiale industria meccanica.. EPA/FOCKE STRANGMANN

ROMA.  – Il discrimine resta lo stop o meno dell’import di gas dalla Russia. Nel caso in cui le forniture dovessero in qualche modo proseguire, il nostro paese metterà a segno una crescita superiore a quella dell’area euro quest’anno, altrimenti ci sarà un forte rallentamento e poi una caduta del 2% del Pil nel 2023.

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Gli analisti della Banca d'Italia, nel bollettino economico, mettono nero su bianco dettagliatamente quanto già anticipato dal governatore Visco nei giorni scorsi: il nostro paese è tornato a crescere nel secondo trimestre grazie anche alla fine delle misure di contenimento del Covid con un Pil che ha segnato +0,5%, dopo il risultato "appena positivo" dei primi tre mesi.

E nel 2022 la nostra economia dovrebbe salire del 3,2% e dell'1,3% nel 2023 contro il +2,6 e 1,6% dell'area euro. Ma su queste stime pesa una grande nube: il blocco del gas da parte della Russia di Putin come ritorsione alle sanzioni per l'invasione dell'Ucraina.

Malgrado gli sforzi del governo per sostituire le forniture di gas russo, il blocco infatti imporrebbe delle “interruzioni produttive di alcune attività industriali” oltre che altri effetti negativi a catena. Il risultato sarebbe un Pil 2022 in aumento a poco meno dell’1% grazie al ‘trascinamento’ di questi mesi e poi l’anno prossimo una caduta del 2%.  La ripresa arriverebbe nel 2024 quando saranno in campo le misure per sostituire la materia prima di Mosca (rigassificatori, rinnovabili etc).

Già ora, secondo la banca centrale, si avverte “una riduzione congiunturale dell’attività industriale in giugno”. E secondo le inchieste condotte da Via Nazionale circa tre quarti delle imprese manifatturiere riportano difficoltà di approvvigionamento di materie prime e input intermedi e quasi due terzi sono ostacolate nella propria attività dai rincari energetici. Un quadro appunto che potrebbe peggiorare sensibilmente se ci sarà il blocco delle forniture.

E poi c’è il tema inflazione. L’accelerazione dei prezzi dei beni energetici e alimentari e le strozzature nella logística non accennano a diminuire in tutto il mondo. Elementi che pesano sulla ripresa, sui consumi e che hanno indotto le banche centrali a un rialzo dei tassi la cui velocità, almeno per la Bce, è ancora fonte di discussione. Anche per questo l’euro ha perso terreno nei confronti del dollaro raggiungendo la parità.

Un effetto immediato sul mercato lo si è comunque già visto. In Italia i tassi applicati ai mutui hanno superato, per la prima volta da 5 anni, il 2% attestandosi al 2,11% come spiega l’Abi. Per Via Nazionale inoltre le indagini presso le banche “evidenziano un modesto irrigidimento nelle loro politiche di offerta, confermato dal peggioramento delle condizioni di accesso percepito dalle imprese”

Non è ancora partita invece la spirale salari-prezzi. Come nota la Banca d’Italia per via della “quota contenuta di retribuzioni indicizzate alla variazione dei prezzi” questo rischio è limitato. Una situazione comune a tutta l’Europa, tanto che nel primo trimestre le retribuzioni contrattuali nell’area dell’euro sono aumentate del 2,8 per cento su base annua (da 1,6 nel quarto)” compresi i pagamenti una tantum.

In aprile, al netto di tali componenti, l’andamento delle retribuzioni è stato moderato in Germania e in Francia; in Italia è rimasto modesto in maggio. Tuttavia, avvisano, la dinamica potrebbe intensificarsi nel corso del 2022, in parte risentendo dell’incremento del salario minimo in Germania e, seppure in misura più limitata, in Francia e in Spagna.

(di Andrea D’Ortenzio/ANSA)

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