Il regista dissidente Jafar Panahi arrestato in Iran

Il regista Jafar Panahi riceve l'Orso d'argento nella Berlinae. Archivio.

ROMA. – L’Iran continua il giro di vite sui cineasti dissidenti. Oggi è stato il turno del regista 62enne Jafar Panahi, “arrestato dopo essersi recato alla procura di Teheran per avere aggiornamenti sul caso di un altro regista”, come ha riferito l’agenzia di stampa iraniana Mehr.

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"Non ci sono ancora informazioni sul motivo dell'arresto di Panahi, né sul suo legame con il caso Rasoulof (Mohammad) o con altre persone arrestate la scorsa settimana", ha aggiunto. Tra i fermati della scorsa settimana figura anche il loro collega Mostafa Aleahmad.

Panahi non è nuovo a questo tipo di esperienza. Il regista è stato infatti arrestato nel 2010 e poi condannato a sei anni di carcere per "propaganda contro il sistema" a causa del suo sostegno al movimento di protesta formatosi l'anno precedente dopo la rielezione alla presidenza della Repubblica Islamica Mahmud Ahmadinejad, dal profilo ultraconservatore.

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La sua produzione cinematografica è intrisa di critica sociale nei confronti del regime, con temi che spaziano da storie sull'infanzia a quelle sulla condizione femminile dell'Iran contemporaneo.

Al cineasta fu vietato di dirigere o scrivere film, viaggiare o parlare con i media iraniani e stranieri per 20 anni, ma ha continuato a lavorare e vivere in Iran. Dopo la condanna, Panahi può lasciare il Paese soltanto per cure mediche o il pellegrinaggio alla Mecca.

Per anni assistente di Abbas Kiarostami, il regista vanta numerosi riconoscimenti internazionali, tra i quali l'Orso d'oro al Festival di Berlino con il film “Taxi” nel 2015 e il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes con il film “Three Faces” nel 2018, ma non ha potuto ritirare personalmente questi premi proprio per la condanna del 2010.

Destino analogo a quello del collega 50enne Rasoulof, vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino 2020 con il film 'Il male non esiste' ma impossibilitato a ritirare il premio in persona dopo il divieto di lasciare l'Iran. Il passaporto a Rasoulof, infatti, fu ritirato dopo la presentazione in anteprima del suo film “A Man of Integrity” nel 2017 al Festival di Cannes, dove vinse il primo premio nella sezione “Un Certain Regard”.

Rasoulof e Aleahmad sono stati arrestati dopo il crollo, avvenuto lo scorso 23 maggio, dell'edificio commerciale di 10 piani Metropol, in costruzione nella città sud-occidentale di Abadan, nella provincia di Khuzestan. L'incidente ha provocato 43 vittime e proteste, con i manifestanti che hanno chiesto il perseguimento dei "funzionari incompetenti" responsabili del crollo. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni, spari di avvertimento e arresti. I registi sarebbero stati coinvolti "nell'incitamento ai disordini e nella minaccia alla sicurezza psicologica della società", secondo quanto riportato da Irna.

Un gruppo di cineasti iraniani guidato da Rasoulof aveva pubblicato una lettera aperta chiedendo alle forze di sicurezza di "deporre le armi" al cospetto della rabbia provocata da "corruzione, furto, inefficienza e repressione" relativi al crollo dell'edificio Metropol.

Gli organizzatori del Festival di Berlino sabato hanno protestato contro gli arresti di Rasoulof e Aleahmad, chiedendone la liberazione, mentre oggi gli organizzatori del festival cinematografico di Cannes hanno condannato fermamente gli arresti dei registi, "così come l'ondata di repressione palesemente in atto in Iran contro i suoi artisti", chiedendone il rilascio immediato. Appello al quale si è unita la Biennale di Venezia: tra i premi vinti da Panahi, infatti, figura anche il Leone d'oro alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica del 2000 con il film “Il cerchio”.

(di Valentina Maresca/ANSA).

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