Referendum, l’anno breve della firma digitale

Filomena Gallo, Mina Welby e Marco Cappato in occasione del deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale presso la Corte di Cassazione
Filomena Gallo, Mina Welby e Marco Cappato in occasione del deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale presso la Corte di Cassazione, Roma 8 ottobre 2021. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Lo scorso anno l’utilizzo della firma digitale aveva permesso a milioni di italiani di sottoscrivere dal proprio smartphone i referendum di iniziativa popolare sulla cannabis e l’eutanasia. Sembrava essere la rivoluzione che mandava verso le isole ecologiche i banchetti della raccolta firme, quelli che affollavano le piazze nei week end per raggiungere faticosamente le almeno 500 000 sottoscrizioni necessarie per ricorrere alla consultazione pubblica.

Un ritorno ai fasti di partecipazione della stagione referendaria, che nei primi anni ’90 aveva infiammato il Paese. Oggi però quel passo in avanti, che sembrava levare un velo di polvere dalla prassi legislativa italiana portandola nella contemporaneità, pare già essere stato sacrificato sull’altare di una legge cavillosa.

Cosa è successo: dallo scorso anno il Governo è impegnato nella progettazione di una piattaforma virtuale in grado di raccogliere le firme digitali, indispensabili per attivare il processo referendario. A che punto siamo? Lo scorso 5 luglio durante un question time alla Camera il Ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao, ha risposto a una interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi, sullo stato di avanzamento della realizzazione della piattaforma.

A riguardo ha risposto che questa infrastruttura digitale si interesserà della “sola raccolta firme”, “ma non consente una completa digitalizzazione estesa del processo, ad esempio per l’autentificazione delle firme o per la raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in materia analogica”.

In pratica, digitalizzazione sì, ma solo fino a un certo punto. E’ per questo che negli ultimi giorni si è sollevato un polverone, alimentato dall’ex europarlamentare Marco Cappato che ha accusato “Draghi, Colao e Cartabia di distruggere l’unica riforma che l’estate scorsa aveva consentito la partecipazione democratica di oltre un milione di persone per far vivere l’articolo 75 della Costituzione”.

Cappato, tramite l’Associazione Luca Coscioni di cui è tesoriere, ha lanciato una mobilitazione per salvare la riforma conquistata l’anno scorso. A partire da lunedì 11 luglio, l’attivista Lorenzo Mineo sarà in presidio tutti i giorni dalle 13 alle 15 al Ministero per la Transizione Digitale e inizierà lo sciopero della fame, per scongiurare la cancellazione della firma digitale sui referendum.

(Flavio Russo/ANSA)

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