Istat: un milione di poveri in meno grazie a sussidi

Una mensa per i poveri a Verona.
Una mensa per i poveri a Verona. (ANSA)

ROMA.  – Senza reddito di cittadinanza, reddito di emergenza e altri aiuti per far fronte alla crisi del Covid, nel 2020, i poveri sarebbero stati un milione in più. Anche l’intensità della povertà senza sussidi, sarebbe stata ben 10 punti percentuali più alta fino al 28,8%.

La situazione, che già ha visto esplodere disuguaglianze e miseria, sarebbe diventata ancora più grave come racconta l’Istat nel rapporto annuale, presentato alla Camera.

L’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, parla di “un grande risultato”. “Di fronte alle polemiche assurde e inutili di certa parte della politica, di certi esponenti della politica, l’Istat certifica che abbiamo salvato un milione di indigenti: cinquecentomila famiglie”, afferma il capo dei Cinque stelle. Anche per il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il sussidio “è servito”. “Attenzione – ha avvertito il ministro – a continuare a picconare una misura come questa” che va rafforzato e non smantellata”.

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È di diverso avviso il centrodestra e la senatrice di Forza Italia Anna Maria Bernini invita "a non utilizzare l'analisi dell'Istat per negare la necessità di una profonda riforma del sussidio" che avrebbe anche disincentivato la ricerca di impiego e alimentato il lavoro nero.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intanto preme per tassare gli extra-profitti fino al 100% per redistribuire la ricchezza. E il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, per abbattere subito il cuneo fiscale, rinnovare i contratti e detassare gli aumenti salariali.

Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, riconosce ai governi di aver adottato misure "puntuali e mirate". Tuttavia, continua Blangiardo, "la ripresa è stata messa a rischio dal sovrapporsi di diversi fattori: dal prolungarsi della guerra, alla crescente inflazione, agli effetti dei cambiamenti climatici, all'acuirsi delle diverse forme di disuguaglianza, che purtroppo rappresentano una pesante eredità del passato biennio".

Le persone in povertà assoluta sono triplicate tra il 2005 e il 2021 fino a 5,6 milioni di individui. A peggiorare di più sono state le condizioni di bambini e minori (il 14,2% vive in miseria) e quelle dei giovani di 18-34 anni, che hanno visto il tasso di povertà quadruplicare fino all'11,1%.

Per sostenere le famiglie con figli il governo ha adottato l'assegno unico universale di cui la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti ha diffuso i primi dati. Le famiglie che hanno fatto domanda entro il 30 giugno sono sei milioni su sette milioni di nuclei familiari, "una risposta altissima. Di questi 6 milioni quasi la metà riceve la cifra massima, il 60% riceve una cifra tra i 150 e i 175 come importo base, poi ci sono le maggiorazioni", ha detto la ministra.

Tornando al rapporto Istat, la povertà è sempre più diffusa anche tra chi lavora. L'Istat censisce 4 milioni di dipendenti del settore privato che non arrivano a 12 mila euro lordi l'anno, meno di mille euro al mese. Sono il 29,5%, e dal calcolo sono esclusi settori come l'agricoltura e il lavoro domestico.

Al di sotto di un ipotetico salario minimo, si trovano, in particolare, 1,3 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 8 euro e 41 centesimi l'ora. Sono soprattutto giovani fino a 34 anni, donne e stranieri, con basso titolo di studio, residenti al Mezzogiorno e impiegati nei servizi.

Ora l'inflazione rischia di restringere ancora i redditi e ampliare le disuguaglianze. Già nel 2021, le retribuzioni contrattuali reali si sono ridotte di oltre un punto percentuale e, con la fiammata dei prezzi, nel 2022 rischiano di tornare al di sotto dei livelli del 2009, in assenza di rinnovi o meccanismi di adeguamento.

Queste difficoltà economiche contribuiscono a trattenere i ragazzi nel nido familiare a oltranza, tanto che oltre 7 milioni di maggiorenni al di sotto dei 35 anni vivono con i genitori. La loro quota è salita ancora nella pandemia fino al 67,6% nel 2021.

Le decisioni di trasferirsi, sposarsi o avere figli finiscono rinviate a data da destinarsi o non vengono proprio considerate. L'Italia, a differenza di paesi come la Francia o la Germania, non ha ancora recuperato il crollo di nascite seguito allo scoppio della pandemia e in due anni ha perso 658mila residenti (un calo doppio rispetto al biennio precedenti).

É cambiata anche la composizione delle famiglie, con le persone sole che sono la tipologia prevalente e hanno superato le coppie con figli. L'Istat prevede che entro il 2045 queste potrebbero essere sorpassate anche dalle coppie senza figli. Sta evolvendo anche l'immigrazione che ha visto, negli ultimi dieci anni, il crollo dei flussi per motivi di lavoro e l'aumento delle persone in cerca di protezione internazionale.

Complessivamente, negli ultimi 3 anni, gli stranieri residenti sono cresciuti di meno di 200 mila unità. Tra i residenti stranieri, il 20% ha meno di 18 anni e sono 280 mila i ragazzi che potrebbero avere la cittadinanze italiana, se fosse approvata la proposta di ius scholae, che prevede la frequenza di almeno cinque anni di scuola nel Paese.

Dal rapporto emerge una spiccata somiglianza dei ragazzi stranieri che frequentano le superiori, con i compagni italiani, tanto che il 78,5% di loro pensa e sogna anche in italiano e tre su quattro dichiarano di parlarlo o leggerlo molto bene.

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