Abenomics e riarmo, l’eredità di Shinzo Abe

Immagine del premier giapponese Shinzo Abe in uno schermo gigante nella via pubblica mentre da le dimissioni in diretta televisiva.
Immagine del premier giapponese Shinzo Abe in uno schermo gigante nella via pubblica mentre da le dimissioni in diretta televisiva. Archivio. (Ansa)

PECHINO.  – Un evento più di ogni altro ha segnato la vita di Shinzo Abe, che lui stesso era solito raccontare per rimarcare la sua missione politica. Alla fine degli anni ’50, quando aveva solo 5 anni, sentì, mentre giocava sulle ginocchia del nonno premier Nobusuke Kishi, gli scontri fuori dal parlamento a Tokyo tra la polizia e i manifestanti di sinistra che protestavano contro il patto sulla sicurezza appena rinegoziato (o imposto, a seconda delle letture) tra Stati Uniti e Giappone.

Se ne ricorderà decenni dopo, quando insisterà sulla necessità di “sfuggire al regime del dopoguerra” segnato dall’occupazione americana – responsabile a suo dire “della soppressione dell’orgoglio nazionale” – e di adottare una postura da Paese pienamente autonomo, pur nell’amicizia con Washington.

Quel che è certo è che Abe è stato il premier dei record, il più longevo politicamente nel Giappone post-bellico con una rara doppia esperienza che ha lasciato tracce profonde. Nella prima, tra il 2006 e il 2007, prese le redini dal carismatico Junichiro Koizumi diventando, a 52 anni, il premier più giovane della storia del Paese. Il mandato fu breve a causa anche dei problema di salute (colite ulcerosa cronica) che continueranno a tormentarlo negli anni ma che non gli impediranno di tornare in sella nel 2012 e di reggere la premiership fino al 2020.

Sessantasette anni, Abe era erede di una delle famiglie politiche più blasonate del Giappone tra i conservatori del Partito Liberal Democratico (Jiminto). Suo nonno Nobusuke Kishi fu primo ministro dal 1957 al 1960, dopo aver passato tre anni nel carcere di Sugamo alla fine del Secondo conflitto mondiale sospettato (ma mai processato) di essere un criminale di guerra di Classe A per gli incarichi di ministro nel periodo bellico.

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Suo padre Shintaro fu ministro degli Esteri, mentre suo fratello Nobuo Kishi (cognome della madre) è l'attuale ministro della Difesa.

Tornato al potere nel 2012 dopo la breve esperienza di governo del Partito Democratico, Abe lanciò la sua “Abenomics” per battere la deflazione che frenava il Giappone da decenni e rilanciare la crescita economica: un mix di politiche monetarie espansive sostenute da un'enorme spesa pubblica e riforme strutturali per contrastare il rapido invecchiamento della popolazione e il calo demografico.

Convinto conservatore, si batté per superare il pacifismo a tutti i costi scolpito come un totem in costituzione promuovendo il rafforzamento delle capacità militari nipponiche: un proceso accelerato dall'attuale esecutivo di Fumio Kishida tra l'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia e la crescente assertività della Cina. Fu sua, in particolare, la spinta decisiva per l'approvazione delle leggi sul diritto di "autodifesa collettiva" o di aiuto militare a un alleato sotto attacco; leggi che crearono irritazione e sospetti nei Paesi vicini, non solo in Cina ma anche nella democratica Corea del Sud.

Per Abe era anche prioritario (ma in questo fallì) riformare il sistema educativo per ripristinare i costumi tradizionali.

Adottò letture revisioniste sul Giappone militarista della Seconda guerra mondiale affinché le generazioni future non dovessero "scusarsi in eterno per gli errori del passato". E fu determinante per l'assegnazione delle Olimpiadi 2020 a Tokyo, apparendo poi al passaggio delle consegne di Rio de Janeiro 2016 vestito da Super Mario, l'iconico personaggio dei videogiochi Nintendo.

La reazione lenta alla pandemia di Covid e gli scandali, tra cui l'arresto del suo ex ministro della Giustizia, portarono infine alla sua uscita, insieme ai problemi di salute.

"Quello che mi preoccupa di più ora è che gli ideali conservatori difesi dal governo Abe svaniranno", scrisse in seguito sulla rivista Bungei Shunju. Di recente si era speso a difesa di Taiwan, sollecitando gli Usa a rompere "ogni ambiguità. É tempo – aveva esortato in un'intervista – di fare scelte nette". Una battaglia che voleva combattere, ma finita anzitempo a Nara, per gli spari di un folle mentre era su un palchetto di un comizio elettorale.

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