James Caan, se ne va un mito dell’anti Hollywood

James Caan, Sonny Corleone in una scena del film Il padrino.
James Caan, Sonny Corleone in una scena del film Il padrino.

ROMA. – Il suo mentore e sodale, Francis Coppola, ha appena celebrato a Taormina i 50 anni del capolavoro di entrambi, “Il Padrino”, quando James Caan lo abbandona e la famiglia sceglie di comunicare, a mezzo social, che il vigoroso attore di quel film (era Sonny, figlio manesco e irruente di Don Vito Corleone) se ne è andato in silenzio a 82 anni compiuti.

Strano a dirsi, nonostante la nomination all’Oscar e l’indubbio successo personale, James Caan non amava identificarsi col personaggio del mafioso americanizzato e rideva del luogo comune per cui tanti a Hollywood credevano avesse radici italiane.

Sta di fatto che nel genere del noir e dintorni si è spesso ritrovato cogliendo successi importanti: “40.000 dollari per non morire” di Karel Reitz, “Killer Elite” di Sam Peckinpah negli anni ’70, “Li troverò ad ogni costo” (da lui stesso diretto) e “Strade violente” di Michael Mann (forse il suo capolavoro personale) negli anni ’80; “Misery non deve morire” di Rob Reiner e perfino l’auto ironico “Mickey Blue Eyes” di Kelly Makin negli anni ’90, fino all’inatteso “BloodTies” di Guillaume Canet e a “Out of Blue” di Carol Morley con cui chiuse virtualmente la carriera nel 2018.

Nato nel Bronx il 26 marzo 1940, terzo figlio di un macellaio di origini tedesche, il giovane James cresce nelle strade violente della periferia di New York, è svogliato studente nel Queens e poi all’Università di Hempstead dove incontra per prima volta l’amico di una vita, Francis Coppola. Caan lascia però precocemente i banchi di scuola per iscriversi ai corsi di recitazione di Sanford Meisner, il suo Pigmalione.

Apparirà non accreditato sul set di “Irma la dolce”, si farà notare in tv con la serie “Gli intoccabili”(1962), recita con John Wayne in “El Dorado”, ritrova Coppola (ora regista alle prime armi) in “Non torno a casa stasera” (1969). Il suo mito è Steve McQueen, emblematico protagonista di un’America rude e vitale in cui più della cultura contano passione e voglia di affermarsi. Se può sceglie ruoli virili (giocatore di football, poliziotto manesco, pokerista incallito, soldato leale, cowboy al tramonto) e non smentirà mai la sua amicizia con un personaggio di dubbia fama (processato per mafia) come Jo Jo Russo, capo indiscusso della famiglia Persico.

Nella vita privata cambia spesso compagna (quattro mogli), a ciascuna lascia in dote almeno un figlio: alla fine saranno cinque e con uno, Scott, si impegnerà anche nella creazione di una piattaforma per giovani autori indipendenti. In politica James Caan è stato sempre un fervente repubblicano (come l’amico Bruce Willis) e si era impegnato in prima persona per la campagna presidenziale di Donald Trump.

Come spesso accade però agli eroi del machismo americano, celava un carattere fragile che lo aveva gettato in una grave depressione all’inizio degli anni 80, costringendolo lontano dal set per cinque anni e lasciandogli una pericolosa dipendenza dalla cocaina da cui riuscì a liberarsi solo grazie a Coppola che gli offrì il ruolo da protagonista in “Giardini di pietra”.

In pubblico mostrava invece un volto sorridente, pronto alla battuta e alle bisbocce in compagnia. Difficile immaginare un americano più americano di lui ed è per questo che grandi registi come Sam Peckinpah o Michael Mann ne avevano fatto un’ideale icona.

(di Giorgio Gosetti/ANSA)