NEW DELHI. – Irrefrenabile: postato centinaia di migliaia di volte, l’hashtag #HinduLive Matter è in cima alla lista dei più condivisi oggi in India. Allo slogan, mutuato dalla famosa campagna globale si abbinano, a grappolo, numerosi altri, da #JusticeForKanhaiyaLal, a #HindusUnderAttack, a #UdaipurHorror.
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La valanga social suscitata nel Paese dall’assassinio, due sere fa, a Udaipur, del sarto indù Kanhaiya Lal, sgozzato a sangue freddo, nel suo negozio, da due musulmani, è solo un aspetto della tensione che si respira.
Accanto alle centinaia di migliaia che si sono limitati a postare foto con la scritta “Hindu Lives Matter”, c’è infatti un’India ribollente, difficile da tenere sotto controllo, che crea forte tensione: milioni di indù che vorrebbero rispondere subito, coi fatti, agli appelli dei gruppi più estremisti; formazioni che invocano non solo la pena di morte immediata per i due assassini, con un processo lampo, ma la difesa preventiva contro la minaccia islamista.
In un video, visualizzato oggi 75mila volte in poche ore, Surendra Kumar Jain, leader del VHP, Vishwa Hindu Parishad, un gruppo estremista, dice: “Dovete temere il giorno in cui gli indù inizieranno a replicare agli insulti”.
L’omicidio del sarto è stato infatti definito dai suoi autori “una vendetta” per l’appoggio alle recenti offese a Maometto da parte di Nupur Sharma, una portavoce del Bjp. Poco importa che sia la stessa Nia, la potente agenzia investigativa federale a far sapere che dietro l’ideazione del gesto ci sono estremisti stranieri: uno dei due accusati, rivela l’agenzia, ha legami col Pakistan, ed è affiliato al gruppo terroristico Dawat-e-Islami.
La percezione dilagante in India è che tutti i musulmani, poco più di 200 milioni su una popolazione di oltre un miliardo e mezzo, siano una potenziale minaccia. E questo rafforza l’odio, riaffiorato negli ultimi anni grazie alla política dell’Hindutva, il sogno degli estremisti che mirano a un’India con una sola caratterizzazione religiosa, sogno ambiguamente accarezzato dal partito al potere. Sempre più frequenti, e quasi mai punite, le aggressioni, le discriminazioni, i provvedimenti penalizzanti verso le comunità musulmane.
L’assassinio di Udaipur, condannato da tutte le principali organizzazioni musulmane, dall’All India Muslim Personal Law Board (Aimplb) alla Jamiat Ulema-e-Hind e dai più eminenti Imam del Paese come “atto non Islamico”, sarà facilmente usato come scusa per aumentare la tensione tra le comunità. E per fomentare vendette.
(di Rita Cenni/ANSA).