Israele al voto a novembre, la quinta volta in 3 anni

Yair Lapid con Naftali Bennett (archivio)
Yair Lapid con Naftali Bennett (archivio). ANSA/JIM HOLLANDER

TEL AVIV.  – Per la quinta volta in 3 anni Israele torna alle urne il prossimo 1 novembre, nell’ennesimo tentativo di sbrogliare una crisi politica, diventata ormai strutturale.

A sciogliere la 24/ma legislatura è stata la stessa Knesset: con 92 voti su 120 a favore (e nessuno contrario) ha approvato la legge presentata dal composito governo di Naftali

Bennett (destra, centro, sinistra, partito arabo), arresosi all’impossibilità di proseguire il lavoro, sia per il fuoco amico sia per quello dell’opposizione. Ma a traghettare in questi mesi il Paese verso il voto non sarà il premier uscente ma il ministro degli Esteri e leader centrista del partito “C’è Futuro”, Yair Lapid che, in una staffetta programmata, guiderà ad interim il governo.

L’ex giornalista, conduttore di talk show serali di successo, figlio di Tommy Lapid (ascoltato analista politico), ha iniziato la corsa nel 2013, a capo di una formazione che già nel nome prospettava una speranza diversa dal recinto politico dominato – oggi come allora – dall’inossidabile Benyamin Netanyahu.

A dargli il carburante decisivo per la svolta è stata l’alleanza con Naftali Bennett in un connubio tra quanto di più lontano c’è nella società israeliana. Se il nuovo premier è appunto, laico, mondano, tel avivino, di un centro che sa di sinistra riformista, tanto Bennett è di destra, religioso, tradizionalista, vicino un tempo al movimento dei coloni.

Eppure dalla loro stretta e leale alleanza è nato – secondo gli analisti – il maggiore tentativo degli ultimi anni di rimuovere le secche politiche in cui è precipitato Israele. In una novità assoluta, fortemente contestata dall’opposizione, ha infatti portato un partito arabo islamista (Raam di Mansour Abbas) nella coalizione di maggioranza e al governo del Paese.

Una prospettiva – secondo alcuni analisti – valida anche per ogni futura governabilità. Nel passaggio di poteri tra i due – Lapid subentra nella funzione alla mezzanotte di giovedì – Bennett, come a liberarsi di un peso che per lui era diventato insostenibile, ha augurato al suo successore ogni fortuna. “Ti passo – ha detto – il sacro bastone e la responsabilità dello Stato di Israele. Spero che tu lo protegga e che Dio protegga te”.

Non a caso l’ex premier ha annunciato ieri che non si ricandiderà a novembre, prendendosi un pausa non solo dalle fatiche della politica ma anche dal suo stesso partito “Yamina” (Destra) che gli ha riservato in questo anno di governo turbolenza e opposizione.

Quanto a Lapid, uno dei suoi primi impegni, è stato quello di recarsi a Yad Vashem, il Museo della Shoah a Gerusalemme, onorando – per lui figlio di un sopravvissuto ungherese – la Memoria. Per entrambi l’ultima vittoria è stata quella di impedire il tentativo di Netanyahu non solo di formare una maggioranza alternativa alla Knesset di 61 seggi che avrebbe impedito lo scioglimento dell’Aula e il rinvio alle urne, ma anche di imporre come data delle urne il 1 novembre e non il 25 ottobre come voluto dal leader del Likud.

Lo scotto è stato di non aver avuto tempo di far approvare leggi importanti come quella, ad esempio, per i lavori della ferrovia leggera dell’area metropolitana di Tel Aviv. Ma sarà Lapid ora a ricevere in Israele il presidente Usa Joe Biden il 13 e 14 luglio. Per il prossimo voto – incerto come non mai – c’è ancora tempo.

(di Massimo Lomonaco/ANSA).

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