Tregua armata nel M5s, il vertice contro Di Maio

In una foto d'archivio l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l'ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio (S) a Palazzo Chigi durante il vertice sulle autonomie, Roma, 19 luglio 2019.
In una foto d'archivio l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (S) a Palazzo Chigi durante il vertice sulle autonomie, Roma, 19 luglio 2019. (FILIPPO ATTILI UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI)

ROMA. – Il M5s non cade, al momento, nel precipizio della scissione, ma resta la profonda rottura. Il consiglio nazionale del Movimento, che fa capo al presidente Giuseppe Conte, non ha chiesto l’allontanamento di Luigi Di Maio. E, nella trattativa della maggioranza, i Cinque Stelle non hanno messo sul piatto lo stop a nuovi invii di armi in Ucraina, cioè quel “disallineamento” da Nato e Ue temuto dal ministro degli Esteri.

La guerra fra Conte e Di Maio resta però aperta. Le “recenti dichiarazioni del ministro sulla linea di politica estera M5s sono “esternazioni” che “distorcono le chiare posizioni” assunte a maggio e “oggi integralmente ribadite, sempre all’unanimità”, ha scritto il Consiglio Nazionale del M5s nel comunicato finale: sono parole “inveritiere e irrispettose, suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del M5S”.

Lo scontro si allarga, facendo venire allo scoperto anche chi finora aveva preferito non intervenire in prima persona. Alle parole dure volate in questi giorni fra l’ex premier e il ministro degli Esteri, si sono aggiunte quelle del presidente della Camera, Roberto Fico: “Siamo arrabbiati e delusi. Non riesco a comprendere che il ministro degli esteri Di Maio attacchi e “mistifichi” su delle posizioni rispetto alla Nato e all’Europa che nel Movimento non ci sono”.

La replica è arrivata al volo: “Stupiti e stanchi per gli attacchi che diversi esponenti M5S, titolari anche di importanti cariche istituzionali, oggi hanno rivolto al ministro Di Maio”, ha fatto sapere il portavoce del ministro. La tensione si sposta in Parlamento, in vista delle comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e del voto sulla risoluzione sull’Ucraina. E poi, mercoledì, in occasione dell’assemblea dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle, con Conte.

Lo stesso giorno, o al massimo giovedì, è atteso l’arrivo di Beppe Grillo a Roma. Il garante del Movimento ha già fatto trapelare il suo profondo disappunto per quanto sta accadendo in queste ore nel Movimento, con uno scontro così diretto e in pubblica piazza. Tant’è che ci si attende una sua dura strigliata, forse altrettanto pubblica . Ma non sono molti quelli che confidano nel fatto che “l’elevato” riesca a trovare la quadra.

La rottura per adesso è in stand-by. Ma sul crinale. Conte “non ha mai inteso fare un processo a Luigi o cacciarlo dal movimento – spiegano fonti vicine al presidente – Nel consiglio nazionale ha mediato tra falchi e colombe. Però ha voluto che fosse chiaro che c’era una netta presa di posizione contro le parole di Di Maio”.

Ma i parlamentari vicini al ministro degli Esteri hanno un punto di vista diverso: “Il Movimento 5 Stelle sta vivendo una crisi epocale. Sono stati sradicati i valori fondanti – ha detto il senatore Vincenzo Presutto – I partiti devono maturare. Anche il movimento sta maturando, con un’analisi critica interna che potrebbe portare anche ad una scissione”.

Intanto crescono nel Movimento Cinque stelle le ipotesi su ciò che dirà a Roma Grillo e sulle vere intenzioni di Di Maio. Fra i parlamentari, c’è la speranza che il fondatore possa almeno fare chiarezza sulla regola del doppio mandato. Che – malgrado le posizioni sull’Ucraina e quant’altro – non sembra così secondaria per le sorti del Movimento. Grillo ha già detto che per lui resta così com’è. Però, considerando che si tratta di una bomba a orologeria sulla tenuta del Movimento, fra le truppe c’è la speranza che si possano prevedere deroghe.

Sarebbe anche un modo per “salvare” il ministro Di Maio e molti big che, adesso, non potrebbero ricandidarsi, come Paola Taverna e lo stesso Roberto Fico. “Se la deroga fosse legata al percorso politico, chi potrebbe mettere in discussione quello che hanno fatto loro?”, è la riflessione. C’è poi il tema del futuro del capo della Farnesina. “La situazione è molto tesa – ragionava un deputato vicino al ministro degli Esteri – Siamo praticamente a un punto di non ritorno. Da parte del Movimento è stato eretto un muro”.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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