Di Maio ancora contro Conte. Grillo: “No a terzo mandato”

Da sinistra: Giuseppe Conte, Beppe Grillo e Luigi Di Maio.
Da sinistra: Giuseppe Conte, Beppe Grillo e Luigi Di Maio. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Scissione. Nel Movimento Cinque stelle se ne parla parecchio. Un po’ per esorcizzarla. Un po’ per minacciarla. Però, insomma, il tema c’è. D’altronde, anche Giuseppe Conte l’ha evocata: “In realtà, Di Maio si sta cacciando da solo”, ha detto in un’intervista a La Stampa. Poche ore dopo, il ministro degli Esteri ha attaccato: “Il M5s rischia di diventare la forza politica dell’odio”.

Un momento della verità ci sarà il 21 giugno, con la risoluzione sull’Ucraina. Ma altri temi stringono. Mentre fra l’ex premier e il ministro degli Esteri volavano gli stracci, ha fatto irruzione il fondatore. In uno di quei suoi post aperti alle interpretazioni, Beppe Grillo ha implicitamente appoggiato il no al terzo mandato per gli eletti del Movimento, sostenendo che limitarne il numero è cosa buona. Poi ha detto che non essere d’accordo significa arroccarsi al potere. E, infine, che il “sacrificio di qualche (vero o sedicente) Grande Uomo” andrà messo in conto. Allusioni che hanno suggerito nomi. Che Grillo, però, non ha fatto.

Il tema del doppio mandato non sembra comunque il più stringente. Semmai, c’è quello della fedeltà al governo, della solidità della permanenza in maggioranza. Chi sta con Di Maio non vede in Conte una garanzia per Draghi. Nei corridoi della Camera, c’è chi parla di un gruppo di parlamentari in attesa di capire le mosse di Di Maio e pronti a lasciare il M5s. Paiono decisivi i giorni che dividono dalla discussione sull’Ucraina, con le comunicazioni del presidente del consiglio a Camera e Senato.

“Leggo in queste ore – ha detto il ministro degli Esteri – che una parte dei 5s vuole inserire nella risoluzione frasi e parole che disallineano l’Italia dalle sue alleanze storiche, la Nato, l’Ue. Noi non siamo un Paese neutrale, siamo un Paese che ha alleanze storiche”. Per Di Maio il “disallineamento” ci sarebbe se ci fosse un “No” esplicito all’invio di nuove armi in Ucraina, come auspica l’area contiana. Se così fosse, potrebbe consumarsi lo strappo. “Come potremmo votarlo?”, chiedeva un deputato vicino a Di Maio.

Le distanze sono anche sulla gestione del Movimento. “Mi sono permesso semplicemente di porre dei temi – ha detto Di Maio – per aprire un dibattito su questioni come la Nato, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica e ho ricevuto insulti personali”. Tutto strumentale – ribattono i contiani – le posizioni del Movimento sono scolpite e condivise.

Fra le truppe ostili a Conte, c’è chi accusa il presidente di scegliere solo fedelissimi per i ruoli di vertice, di non lasciare spazio né voce a quelle che nei partiti tradizionali si chiamerebbero semplicemente correnti. Ma è anche vero che si avvicina il 2023, con la scelta dei candidati alle prossime politiche. E questo contribuisce a innescare e a far esplodere le tensioni.

Il tema dei mandati trova spazio in questo scenario. Se venisse confermato lo stop dopo due legislature, molti big del Movimento non potrebbero correre di nuovo. Ce ne sono di tutte le aree: da Roberto Fico a Paola Taverna fino allo stesso Di Maio. Il ministro degli Esteri, però, ha rilanciato: “Che senso ha cambiare la regola del secondo mandato? Io invito a votare gli iscritti secondo i principi fondamentali del Movimento, perché questa è una forza che si sta radicalizzando all’indietro”.

Conte ha già annunciato che la decisione verrà presa con una consultazione on line. Ma questo non placa le polemiche. Perché intanto c’è da capire se ci sarà accordo sulla formula da sottoporre agli iscritti. E magari se verranno inserite delle deroghe scappatoia.

Dall’esterno, gli alleati seguono il film. Nel Pd c’è un po’ di apprensione, soprattutto in vista del 21 giugno: sarà “un voto sostanzialmente di fiducia al presidente del Consiglio e al Governo – ha detto Letta – In questo momento, le divisioni sarebbero poco comprensibili”.

Mentre non sembra che un cambio di schema nel Movimento possa avvicinare l’ingresso dei centristi nel campo largo, dove già si stanno posizionando M5s, Pd e Sinistra. “Di Maio che attacca Conte? Siamo al paradosso del paradosso”, ha detto Matteo Renzi. Fuori dal M5s, ma con imprimatur grillino, resta Alessandro Di Battista. Che per ora non sembra toccato dalle vicissitudini degli ex: “Andrò in Russia – ha annunciato – Scriverò reportage per Il Fatto Quotidiano e girerò un documentario per TvLoft. È ciò che amo fare”.

(Di Giampaolo Grassi/ANSA)

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