Elezioni comunali: campagna elettorale al rush finale, partiti in ordine sparso

Elezioni comunali, cartelloni con pubblicità elettorale.
Elezioni comunali, cartelloni con pubblicità elettorale.

ROMA. – Ognun per sé, anche se tutti apparentemente uniti nel proprio schieramento. Vale a sinistra e vale nel centrodestra a 72 ore dalle elezioni comunali. E la spia sta, anche, nelle piazze separate scelte dai vari leader per la chiusura della campagna elettorale. Matteo Salvini ‘battezza’ Alessandria, Giorgia Meloni va a L’Aquila, Enrico Letta chiude in mattinata a Lodi mentre Giuseppe Conte sceglie il sud e fa tappa a Taranto.

Scelte plausibili, visto che mancano all’appello grosse competizioni – su 970 Comuni sono 4 i capoluoghi di regione al voto cioè Palermo, Genova, L’Aquila e Catanzaro – ma conferme delle tensioni che restano, da nord a sud. A parte la pace che in serata proveranno a fare Giorgia Meloni e Matteo Salvini: attesi insieme a Verona, per lanciare il bis di Federico Sboarina che si gioca il derby del centrodestra con Flavio Tosi, espulso dalla Lega e ora sostenuto da Forza Italia.

Del resto proprio al nord si teme il sorpasso di consensi di FdI sull’ex Carroccio che potrebbe ipotecare la leadership della coalizione nel 2023 su cui però potrebbe puntare – perché no – Silvio Berlusconi (“Sarà lui a decidere”, insinua il vice Antonio Tajani). Ma ciò che a destra sembra un’alleanza tenuta insieme per miracolo, improvvisamente si ricompatta sulla lotta alla sopravvivenza del settore auto.

Dopo l’ok del Parlamento europeo alla proposta che ferma al 2035 le vendite di auto a benzina e diesel, il centrodestra alza la voce. Capofila della protesta è FI che annuncia una risoluzione per chiedere uno stop al governo e chiede un incontro al premier Draghi. “Il comparto delle automobili e il lavoro di questo indotto sono sacri”, spiegano i capogruppi azzurri Bernini e Barelli. E i leghisti si associano: “Così si polverizzano 70 mila posti di lavoro in Italia”.

Il tema rischia di aprire una nuova breccia nella maggioranza di governo. Per il Pd, che ha votato il pacchetto di norme Fit for 55, “il bicchiere è mezzo pieno”. Apparentemente mediana la posizione di Conte: “Dobbiamo continuare ad accompagnare la transizione, che ha dei costi, intervenendo intelligentemente per sostenere anche tutta la filiera dell’automotive”, accenna il presidente M5s.

Nel breve, intanto, non mancano diffidenze, rivalità politiche pure, nel centrosinistra. E sembrano inquinare quel ‘campo largo’ che è il miraggio di Pd e 5 Stelle. Un approdo su cui ha scommesso tutto Enrico Letta. Convinto che il tempo dell’auto-isolamento è finito, il segretario Dem rivendica la strategia e insiste: “Scelgo un Pd che non impone la sua opzione e che fa la scelta giusta, da fratello maggiore per allargare la coalizione e rendere tutti protagonisti”.

Chissà se l’altro fratello è d’accordo e soprattutto se ci crede davvero. Sull’intesa Conte non si esprime troppo e nel Movimento i dubbi restano. Del resto pesano le divisioni interne: il M5s va al voto con la spada di Damocle della decisione dei giudici di Napoli sui nuovi ricorsi contro lo Statuto e la leadership del Movimento.

Attesa martedì, la decisione è in standby e potrebbe arrivare dopo le amministrative. Secondo le malelingue, nel partito che ora si presenta con 64 liste contro le 173 dell’era pre Conte, si è scelto di fatto di non partecipare. Per evitare così di contare perdite e sconfitte, essendo in campo con minori forze. Tranne che a Palermo, dove l’asse tra Dem e 5S si è saldato attorno a Franco Miceli, il candidato sindaco comune convinto che la città può diventare un “laboratorio politico per il Paese”.

Oltre che “un modello per le regionali d’autunno con le primarie alle porte e le politiche del prossimo anno”. Ma proprio in Sicilia – al voto per le regionali fra pochi mesi, insieme a Sardegna e Friuli Venezia Giulia – si giocherà la lotta più agguerrita. In ballo, l’eventuale conferma del governatore Nello Musumeci, spinto apertamente solo da Meloni. Nel frattempo a Palermo si è ritirato dalla corsa Pietro Polizzi, candidato forzista al consiglio comunale, arrestato con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso.

(di Michela Suglia/ANSA)

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