In 76 anni 73 referendum, da Repubblica a divorzio

Manifestazione a difesa della legge 194 sull'aborto, Roma, 10 maggio 1981. La manifestazione precede il referendum sull'aborto che avverra' il 18 maggio dello stesso anno
In una foto d'archivio manifestazione a difesa della legge 194 sull'aborto, Roma, 10 maggio 1981. La manifestazione precede il referendum sull'aborto che avverra' il 18 maggio dello stesso anno. ANSA

ROMA. – Nei 76 anni di storia repubblicana, dal ’46 ad oggi, si sono svolti 73 referendum nazionali (con i cinque di domenica si raggiungerà quota 78), di cui 67 abrogativi, quattro costituzionali, uno consultivo e uno istituzionale. Quest’ultimo riguarda proprio quello in cui il popolo italiano fu chiamato a scegliere tra monarchia e repubblica, il 2 giugno 1946.

Fu quindi il primo referendum e anche l’unico ad avere al suo interno, oltre alle domande con le caselle da barrare, due simboli sulle rispettive opzioni: a sinistra il volto dell’Italia turrita nell’aspetto di una giovane donna e a destra lo stemma del regno sabaudo. Si registrò una percentuale di affluenza mai più raggiunta finora, con l’89,1%.

Dei quattro ‘costituzionali’ (tutti svolti negli ultimi 21 anni) solo due ottennero il ‘sì’: quello sulla modifica del titolo V della Costituzione (2001) e quello sulla riduzione del numero dei parlamentari (2021). Uno dei ‘costituzionali’ ha indirettamente determinato anche le sorti politiche di un governo: nel 2016 l’allora premier Matteo Renzi si dimise poco dopo l’esito negativo del referendum (59,12% dei ‘no’) sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi. L’unico ‘consultivo’ si svolse nel 1989, ebbe un esito positivo e riguardò il conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo.

Decine sono stati invece i referendum abrogativi (in questo caso, per essere validi, l’affluenza dev’essere almeno del 50% più uno degli aventi diritto), alcuni dei quali hanno segnato spartiacque epocali per il nostro Paese. L’affluenza media di voto per i quesiti di questa tipologia è del 52%. Il primo ‘abrogativo’ fu quello sul divorzio, nel 1974, nel quale votò l’87,7% (come numero è la seconda percentuale di affluenza di sempre) dei 37,6 milioni di elettori. I contrari all’abolizione del divorzio vinsero con il 59% dei voti, mentre i favorevoli furono il 41%.

Altri temi cruciali riguardarono i referendum del 1981: furono in tutto cinque, con quorum raggiunto e affluenza al 79,4%, ma nessun quesito passò. In particolare, la maggioranza dei votanti fu contro l’abolizione dell’ergastolo (77,4%), contro nuove norme che concedessero il possesso di armi (85,9%) e, sull’aborto, sia contro la proposta del Partito Radicale (88,4%) che contro quella del Movimento per la vita (68%). Entrambe chiedevano l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto, ma in senso opposto: la prima per renderne più libero il ricorso, la seconda per restringerne la liceità.

Tra i referendum abrogativi che non hanno raggiunto il quorum, quelli che ottennero la percentuale più bassa si tennero nel 2009, dove l’affluenza si fermò tra il 23 e il 24%. I quesiti erano tre e riguardavano l’assegnazione del premio di maggioranza alla lista più votata, anziché alla coalizione, per la Camera; l’assegnazione del premio di maggioranza alla lista più votata, anziché alla coalizione, per il Senato; l’impossibilità per una stessa persona di candidarsi in più circoscrizioni.

Per ogni singolo quesito ogni scheda ha un colore diverso dalle altre, dal rosa al giallo passando per l’arancione o il verde, definito dalla direzione per i servizi elettorali del ministero dell’Interno. Secondo la legge, per votare vanno utilizzate le matite ‘copiative’: anche se ci fosse un tentativo di rimuoverne il tratto, questo resterebbe visibile a occhio nudo, inoltre non si trasferiscono sul retro del foglio su cui si scrive. Le stesse venivano utilizzate in passato anche per firmare documenti ufficiali.