TRENTO. – La ricerca di condizioni migliori in altri paesi, soprattutto sul versante del costo del lavoro o della possibilità di entrare in mercati nuovi, ha riguardato circa 6 mila imprese italiane negli ultimi anni. Non il mondo cooperativo, che continua ad esportare ma mantenendo la produzione entro i confini nazionali.
Con un fatturato che si aggira sui 135 miliardi e un’occupazione superiore a 1,2 milioni di persone, le 50.000 cooperative italiane (considerando quelle con bilancio depositato) rappresentano, nei fatti, la “catena sociale del valore” che permette la copertura di bisogni e di servizi laddove le altre imprese non possono arrivare e che integra, in molti casi, i limiti di un settore pubblico spesso in ritardo o inadeguato”.
Lo ha detto Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commentando il focus Censis Confcooperative “L’economia del territorio: Cooperative catena sociale del valore” presentato a Trento nell’ambito del Festival dell’economia.
I Padri costituenti, nel 1947, hanno trovato nella cooperazione uno strumento prezioso per ricostruire il Paese dalle macerie della guerra, tanto da riconoscerne la funzione sociale nell’articolo 45. “La Cooperazione – ha detto Daria de Pretis, vicepresidente della Corte Costituzionale – risponde ai bisogni seconde modalità proprie che convivono con altre modalità e altri modi di produzione. Nella convivenza virtuosa tra queste anime diverse sta il futuro.
La biodiversità che è entrata anche nella nostra Costituzione, con la recente reforma dell’articolo 9, si dimostra formidabile nella risposta alle crisi. Anche il diritto europeo che era orientato su concorrenza e libero mercato si è declinato rapidamente sull’economia sociale, che è così diventata un patrimonio comune anche europeo”.
Le cooperative italiane nell’agroalimentare realizzano il 25% del Made in Italy; nel welfare erogano servizi a 7.000.000 di persone; nel credito le Bcc, le Rurali e Raffeisen rappresentan il 20% degli sportelli bancari; nella distribuzione al consumo e al dettaglio rappresentano un terzo del settore. È donna il 61% degli occupati e la governance a guida femminile è pari al 26% delle cooperative, mentre negli altri modelli d’impresa non raggiunge il 16%.
“Nella cooperazione si prefigura una polarizzazione che garantisce, nello stesso tempo, una capillarità sul territorio con piccole strutture attive soprattutto nei servizi dedicati alle persone e, in genere, al sociale, e una rilevanza sul piano della produzione che propone una scelta alternativa all’impresa salvaguardando l’occupazione senza rinunciare al risultato economico” ha commentato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini.
(di Jacopo Valenti/ANSA).