Cooperative italiane esportano ma non delocalizzano

Il Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia di celebrazione del centenario di fondazione della Confederazione Cooperative Italiane
Il Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia di celebrazione del centenario di fondazione della Confederazione Cooperative Italiane. Archivio. (Ufficio Stampa Quirinale)

TRENTO.  –    La ricerca di condizioni migliori in altri paesi, soprattutto sul versante del costo del lavoro o della possibilità di entrare in mercati nuovi, ha riguardato circa 6 mila imprese italiane negli ultimi anni. Non il mondo cooperativo, che continua ad esportare ma mantenendo la produzione entro i confini nazionali.

Con un fatturato che si aggira sui 135 miliardi e un’occupazione superiore a 1,2 milioni di persone, le 50.000 cooperative italiane (considerando quelle con bilancio depositato) rappresentano, nei fatti, la “catena sociale del valore” che permette la copertura di bisogni e di servizi laddove le altre imprese non possono arrivare e che integra, in molti casi, i limiti di un settore pubblico spesso in ritardo o inadeguato”.

Lo ha detto Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commentando il focus Censis Confcooperative “L’economia del territorio: Cooperative catena sociale del valore” presentato a Trento nell’ambito del Festival dell’economia.

I Padri costituenti, nel 1947, hanno trovato nella cooperazione uno strumento prezioso per ricostruire il Paese dalle macerie della guerra, tanto da riconoscerne la funzione sociale nell’articolo 45. “La Cooperazione – ha detto Daria de Pretis, vicepresidente della Corte Costituzionale – risponde ai bisogni seconde modalità proprie che convivono con altre modalità e altri modi di produzione. Nella convivenza virtuosa tra queste anime diverse sta il futuro.

La biodiversità che è entrata anche nella nostra Costituzione, con la recente reforma dell’articolo 9, si dimostra formidabile nella risposta alle crisi. Anche il diritto europeo che era orientato su concorrenza e libero mercato si è declinato rapidamente sull’economia sociale, che è così diventata un patrimonio comune anche europeo”.

Le cooperative italiane nell’agroalimentare realizzano il 25% del Made in Italy; nel welfare erogano servizi a 7.000.000 di persone; nel credito le Bcc, le Rurali e Raffeisen rappresentan  il 20% degli sportelli bancari; nella distribuzione al consumo e al dettaglio rappresentano un terzo del settore. È donna il 61% degli occupati e la governance a guida femminile è pari al 26% delle cooperative, mentre negli altri modelli d’impresa non raggiunge il 16%.

“Nella cooperazione si prefigura una polarizzazione che garantisce, nello stesso tempo, una capillarità sul territorio con piccole strutture attive soprattutto nei servizi dedicati alle persone e, in genere, al sociale, e una rilevanza sul piano della produzione che propone una scelta alternativa all’impresa salvaguardando l’occupazione senza rinunciare al risultato economico” ha commentato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini.

(di Jacopo Valenti/ANSA).

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