Draghi: “Putin non deve vincere”. Monito sull’energia

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi interviene nel consiglio dell'Unione Europea, in un'immagine d'archivio. (Ufficio Stampa Presidenza del Consiglio)

BRUXELLES. – “É essenziale che Putin non vinca questa guerra” e che sulla fine del conflitto decida Kiev, senza il cui consenso “la pace non è sostenibile”. Il premier Mario Draghi, rivolgendosi ai 27 leader europei riuniti all’Europa Building, parte da quest’assioma per dipanare un ragionamento che porta ad una serie di conseguenze, dal necessario sostegno all’Ucraina all’irreversibile exit strategy dalla dipendenza energetica da Mosca.

Draghi si è rivolto ad un vertice che, in serata, si preparava ad affrontare i temi più caldi e divisivi, come quello delle sanzioni sul petrolio. O quello, ancora più complesso, del RePowerEu.

Questo summit di fine maggio fortemente voluto da Charles Michel per molti leader europei avrebbe potuto essere anche evitato. Anche perché portava con sé un rischio: far naufragare quell’unità Ue che, finora, è stata l’arma principale della strategia di Bruxelles contro Mosca. I leader si sono riuniti sull’onda del duro tira e molla sull’embargo al petrolio, che potrebbe concludersi con un accordo al ribasso: lo stop all’import del greggio via mare escludendo quello portato a Ungheria, Germania e Polonia attraverso l’oleodotto Druzhba.

L’intesa, al di là dello show regalato ai cronisti al suo arrivo, sorride a Viktor Orban ma non ai Paesi che, da giorni, chiedono che nell’impianto sanzionatorio sia mantenuto quel level playing field – la parità delle condizioni – che è anche un pilastro del mercato unico. In altre parole, l’esenzione dell’embargo per il petrolio via oleodotto, politicamente, si regge sull’impegno assicurato da Polonia e soprattutto Germania di stopparne comunque l’import dal primo gennaio. Ma se ciò, magari in seguito alla chiusura dei rubinetti del gas da parte del Cremlino, non avvenisse?

Draghi, non a caso, da un lato ha sottolineato la necessità di restare uniti sulle sanzioni confermando il sì dell’Italia all’ultima proposta sul petrolio, dall’altro ha rimarcato come le misure non debbano portare a “squilibri” tra gli Stati. É un argomento particolarmente caro all’Italia, che il petrolio russo lo importa solo via mare. Il tema è stato al centro anche del trilaterale organizzato prima del vertice da Emmanuel Macron, Olaf Scholz e, appunto, Mario Draghi. Incontro al quale il presidente francese e il cancelliere tedesco sono giunti dopo aver prima tenuto un bilaterale di circa trenta minuti. E’ stato in quel frangente che, con la sponda di Michel, il compromesso sul petrolio è stato partorito.

Il sì dell’Italia ha anche un’altra appendice: sul mercato energetico Roma chiede interventi decisi e consapevoli del fatto che, con la guerra in Russia, è stato avviato ormai un proceso irreversibile. “Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo”, è stato il monito del premier. Paesi come Italia, Spagna o Grecia guardano a interventi netti sul mercato elettrico e energetico. Il price cap, innanzitutto, sul quale resta un veto per così dire ideologico dei Paesi del Nord e che, in una forma emergenziale, comunque è entrato nelle conclusioni del vertice. Ma anche l’opportunità di pensare a un pacchetto di finanziamenti che prepari l’Ue ad una nuova era non solo energetica ma anche nella difesa. Del resto, della guerra, al momento non si vede la fine”.

“Deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole. Se l’Ucraina non è d’accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile”, ha spiegato Draghi ritenendo, al momento, necessario il dialogo con Vladimir Putin, ma soprattutto sull’emergenza alimentare, dove il rischio “catastrofe” è reale.

“Sono scettico sull’utilità delle telefonate” con il leader russo, e anche se “ci sono ragioni per farle, queste conversazioni dimostrano che è Putin a non volere la pace”, sono state le sue parole.

(di Michele Esposito/ANSA).