Governo: compromesso sui balneari e si riapre sfida sul fisco

Carabinieri e giornalisti tra la Camera dei Deputati e Palazzo Chig
Carabinieri e giornalisti tra la Camera dei Deputati e Palazzo Chigi, Roma, 22 febbraio 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Raggiunto il compromesso sulle concessioni balneari, Palazzo Chigi non vuole che si perda altro tempo sulla delega fiscale. Appena in mattinata dal Senato si è spianata la strada per l’approvazione del ddl concorrenza (in Aula lunedì per il voto), il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Roberto Garofoli, ha convocato per una riunione serale i rappresentanti dei partiti di maggioranza: “Dobbiamo chiudere la delega fiscale”, è stato il suo messaggio.

Un obiettivo che il premier Mario Draghi è convinto di poter incassare. E i partiti di maggioranza, al termine dell’incontro, mettono a verbale di aver raggiunto un’intesa politica anche su questo fronte e di essere pronti a ripartire con l’esame in Parlamento. Ora non resta che attendere la riformulazione del testo.

La delega fiscale, che per il presidente del Consiglio non è meno importante dei provvedimenti direttamente collegati alla road map per il Pnrr, è in stallo da quando l’8 marzo la commissione Finanze ha approvato la riforma del catasto con il voto contrario di Lega e FI.

Una ventina di giorni fa Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno ottenuto da Palazzo Chigi una riscrittura del testo, rivendicando di aver “sventato una patrimoniale sulla casa” ma ora quell’intesa deve entrare in un accordo di maggioranza, con le richieste avanzate anche da altri partiti. Ad esempio quella del Pd di dare priorità ai redditi medio-bassi se si tagliano le aliquote Irpef. O quella del M5s di mettere la tutela del bene casa al centro del riordino del sistema di deduzioni e detrazioni.

L’obiettivo di Garofoli era proprio esporre il quadro dopo le interlocuzioni con i vari gruppi per accelerare il raggiungimento di un’intesa, necessaria a far ripartire l’iter in commissione Finanze della Camera e arrivare al voto in Aula il 20 giugno.

Intanto la riforma della concorrenza si è sbloccata dopo mesi rinviando la soluzione dell’ultimo nodo, ossia la definizione degli indennizzi per le aziende che dopo anni di attività non ottengono il rinnovo della concessione: se ne occuperà il governo (entro fine anno) con i decreti attuativi (Mise e Turismo, ma anche Mims, Mite, Mef e Affari regionali i ministeri coinvolti).

Nella delega sono scomparsi i riferimenti all’avviamento dell’attività, al valore dei beni, a perizie e scritture contabili, contenuti nella proposta di mediazione avanzata dal viceministro Gilberto Pichetto e indigesti a Lega e FI in particolare. Un piccolo ritocco è servito per specificare che dovranno essere “oggettive” le cause di deroga che consentiranno di mettere a gara le concessioni balneari oltre la fine del 2023 (e comunque non oltre il 31 dicembre 2024).

Il premier Draghi ha ringraziato i partiti e Pichetto per la mediazione che, dopo giorni di trattative, ha portato a una soluzione di compromesso nell’ennesima riunione di maggioranza, convocata di primo mattino. Un paio d’ore in cui non sono mancati momenti di tensione, con urla e porte sbattute, soprattutto quando la Lega ha chiesto di eliminare una norma che, come sostenuto anche da FI, esponeva piccoli e medi operatori alla concorrenza di grandi gruppi concessionari pubblici.

Alla fine l’approvazione è accompagnata da commenti di soddisfazione, più o meno convinti, da parte di tutta la maggioranza. E dalle bordate di FdI, che si è vista bocciata dalla Consulta l’impugnazione contro la sentenza del Consiglio di Stato sulle balneari, e anche su questo fronte si trova sull’altra riva del fiume rispetto al resto del centrodestra.

È “un accordo ridicolo e vergognoso” attacca Giorgia Meloni, che parla di “esproprio dei privati a vantaggio di altri privati, più grandi e più forti”, convinta che rimandando la questione degli indennizzi al Governo si rischia che “vengano fortemente osteggiati dalla Commissione europea e non vedano mai la luce”, e che si lascino “totalmente senza tutele i concessionari attuali”.

(di Paolo Cappelleri/ANSA)

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