Femminicidi: il Senato vota su uomini violenti, più cure per prevenire

La facciata di Palazzo Senatorio in Campidoglio illuminata di rosso e con la scritta ''Stop violence against women' in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
La facciata di Palazzo Senatorio in Campidoglio illuminata di rosso e con la scritta ''Stop violence against women' in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. ANSA/ MICHELA SUGLIA

ROMA. – Dopo le misure punitive del Codice Rosso contro i mariti e i compagni violenti, arrivano le misure preventive, con l’idea che essi siano sottoposti a trattamenti in appositi Centri specializzati: a metterle a punto è stata la Commissione di inchiesta sul femminicidio che ha predisposto una relazione sui “percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere”, approvata all’unanimità e che domani sarà discussa e votata dall’Aula del Senato.

La relazione identifica una serie di soggetti potenzialmente interessati ai percorsi di rieducazione, e per ciascuno di essi suggerisce ulteriori novità di legge. Innanzi tutto ci sono gli uomini già condannati che accettano di seguire questi percorsi, che però sono attivi in soli 52 penitenziari su 180 complessivi. Si può pensare a un accesso alla libertà condizionale solo per chi si sottopone a tali terapie.

Altra situazione è quelle degli uomini violenti che hanno scontato la pena ed oggi sono fuori, ma per i quali la recidiva è dietro l’angolo; oppure gli uomini che hanno iniziato in carcere il percorso di riabilitazione ma non l’hanno concluso avendo finito di scontare la pena. Inoltre ci sono gli uomini non ancora condannati ma posti in carcere preventivo: anche per essi è pensabile l’accesso ai domiciliari al termine del percorso di riabilitazione.

Un ultimo gruppo di soggetti potenzialmente interessati – si legge nella Relazione – “è rappresentato dagli uomini che sono autori di violenza ma non sono stati denunciati o rispetto ai quali non sono state ancora adottate misure restrittive” che “costituiscono la parte più ampia degli autori di violenza”, e nel loro caso “si opererebbe in autentica prevenzione del reato, piuttosto che nella sua punizione o correzione postuma”.

A questa molteplicità di situazione si può rispondere potenziando i “Centri per il trattamento degli uomini maltrattanti” che tuttavia sono pochi sul territorio italiano e per i quali non esistono ancora leggi per adottare linee guida nazionali o per il loro accreditamento. Senza parlare degli scarsi finanziamenti finora messi in campo (8 milioni nell’ultima legge di Bilancio).

“I Centri per la rieducazione degli uomini autori di violenza, svolto in rete con i Centri antiviolenza, con le Forze dell’ordine, con i servizi pubblici, gli enti istituzionali e la magistratura, costituiscono un servizio di interesse pubblico e come tale deve essere finanziato con risorse pubbliche”, sottolinea la relazione. La relazione si conclude sollecitando la rapida approvazione di due ddl, già incardinati in Senato, che contengono nel dettaglio le norme da aggiungere a quelle esistenti, da far poi confluire in un Testo Unico.

(Di Giovanni Innamorati/ANSA)

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