Bce alla sfida del dollaro, Lagarde: “Niente panico”

Christine Lagarde, direttore generale del FMI, al Forum di Davos.
Christine Lagarde, direttore generale del FMI, al Forum di Davos. (ANSA/AP Photo/Markus Schreiber)

DAVOS.  – I prezzi energetici alle stelle travolgono Davos, diventano il tema dominante assieme all’Ucraina, mettono a nudo nuove divisioni nel Consiglio della Bce su come frenare l’inflazione, spingono l’Unione europea a cercare una soluzione che potrebbe, alla fine, assomigliare al prelievo italiano sugli extra-profitti dei Big dell’energia.

Si parte dalla Bce. Christine Lagarde, la presidente che da dicembre sta portando avanti un piano di normalizzazione della politica monetaria di fronte all’inflazione arrivata al 7,5%, ha un piano. Mettere fine agli acquisti di bond a inizio luglio, alzare i tassi di un quarto di punto subito dopo, alla riunione del 21. E magari di nuovo a settembre, portando così il tasso sui depositi a zero dall’attuale record negativo di -0,50%.

C’è il consenso di buona parte dei membri del consiglio Bce. Ma i “falchi” non ci stanno ad escludere un aumento da mezzo punto: la Fed lo ha già fatto, e promette altrettanto a giugno e luglio. Lagarde vuole un approccio graduale, per non ferire ulteriormente la crescita e non far impennare lo spread. Ma c’è un problema: il dollaro, con questo differenziale crescente di tassi, si rafforza. E un euro che si svaluta fa importare altra inflazione.

Di fronte al malcontento dei falchi per la sua prudenza, la presidente della Bce dal Forum economico mondiale a Davos ha dato un segnale: la Bce “deve muoversi nella giusta direzione, naturalmente. Ma non dobbiamo essere precipitosi o farci prendere dal panico”. Parole tese a evitare fratture, rafforzate dal “collega” francese Francois Villeroy de Galhau, “non c’è consenso su un rialzo dei tassi da mezzo punto”.

Ma alcuni governatori insistono. Un rialzo da mezzo punto “è certamente una cosa che potremmo discutere”, dice il lettone Martins Kazacs. Puntano i piedi anche l’olandese Klaas Knot e l’austriaco Robert Holzmann. Parole che lasciano presagire la possibilità di uno scontro, che Lagarde vorrebbe evitare per non intaccare l’immagine di una Bce unita, costruita durante i due anni e mezzo del suo mandato.

In un’altra stanza del Forum a Davos, il vicepresidente della Commissione Ue con delega al green deal Frans Timmermans dice che le società energetiche, “incassano utili incredibilmente alti mentre i cittadini soffrono perché non sanno come pagare le bollette”, dovrebbero condividere i costi dei rincari dell’energia Una strategia che ricalcherebbe il prelievo sugli extra-profitti del Governo Draghi e si affiancherebbe a due altri pilastri secondo l’esponente della Commissione: accelerare le rinnovabili e ridisegnare il funzionamento dei prezzi dell’elettricità, anche se “non si può fare dal giorno alla notte” e dare alla Commissione europea “un mandato per negoziare i prezzi per conto di tutti gli Stati membri”.

Riforme che costano capitale politico a molti Stati e richiedono tempo, mentre a Davos domina l’urgenza: assieme ai lockdown cinesi e alla guerra, i prezzi dell’energia sono fra i fattori che fanno temere una recessione mondiale, espressione che serpeggia ovunque nei corridoi del Forum anche se si fática a pronunciarla in pubblico nelle conferenze. La Germania, col ministro delle Finanze Christian Lindner, esclude una recessione in casa propria e anzi richiama al consolidamento dei bilanci.

Gita Gopinath, vice direttore generale del Fmi, spiega che è presto per parlare di recessione globale, anche se l’economia fronteggia “molteplici rischi al ribasso”. E appoggia pienamente la modalità ‘da falco’ della Fed che “non deve distogliere l’attenzione” dall’inflazione così alta e deve “abbassare l’inflazione il più presto possibile”.

(dell’inviato Domenico Conti/ANSA).