Letta scommette sul M5s e chiede una nuova legge elettorale

Il segretario del Pd Enrico Letta durante la Direzione Nazionale del partito.
Il segretario del Pd Enrico Letta durante la Direzione Nazionale del partito. (Frame video partitodemocratico.it)

ROMA. – I Cinque stelle e il campo progressista restano gli obiettivi per le elezioni 2023. Nonostante le continue prese di distanza di Giuseppe Conte dal governo e dal Pd, Enrico Letta scommette ancora sull’alleanza. Lo fa anche per convenienza. Il segretario dem è convinto che il centrodestra arriverà al voto unito. Quindi, per batterlo sarà indispensabile sfidarlo con una coalizione larga, che andrà costruita anche se la legge elettorale fosse proporzionale e non imponesse accordi preventivi. Perché cambiare quella attuale “è fondamentale”.

Nei suoi interventi di apertura e chiusura di una direzione durata cinque ore, gli accenni di Letta al Movimento sono comunque apparsi piuttosto freddi. Per esempio, quando qualche parlamentare dem – come l’ex renziano Dario Stefano – ha fatto notare le “singolari convergenze” fra Salvini e Conte, il segretario ha risposto sottolineando che per il Pd la collaborazione con le destre è un’esperienza che non si ripeterà: “Nella prossima legislatura andremo al governo solo se vinciamo – ha detto – se gli italiani votano per gli altri si terranno Salvini e Meloni. Noi siamo alternativi”.

Nelle file del Pd, il patto coi Cinque stelle non convince proprio tutti. Così come la posizione del segretario sui referendum sulla giustizia: “Io penso che una vittoria dei sì aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe”, ha detto Letta, che però ha garantito “la libertà dei singoli” perché “il Pd non è una caserma”.

La relazione di Letta è stata votata all’unanimità. Sull’Ucraina ha ricordato le posizioni Pd, specie quelle che lo distinguono dal M5s. Il segretario ha ribadito la necessità di un protagonismo dell’Europa e l’appoggio al premer Mario Draghi. E se Conte è tornato a dire che “sull’invio di armamenti l’Italia ha già dato”, Letta ha chiesto “l’unità della maggioranza”.

Votare in Parlamento come chiedono i Cinque stelle? “Non abbiamo alcun timore del confronto”, ha buttato là il segretario dem. Che poi ha parlato di “grande preoccupazione” per il rischio stagflazione, chiedendo al governo misure urgenti. “Serve il tetto al prezzo del gas”, ha detto, e se non sarà europeo dovrà essere italiano.

Temi su cui non sempre è facile trovare sintonia con Conte. Ma “l’alleanza con il M5s – ha detto il ministro Dario Franceschini – non è una condanna o un obbligo: è una scelta strategica per allargare l’area riformista, che prescinde dalla legge con cui si voterà”. Per il leader di Iv, Matteo Renzi, si voterà con l’attuale: “E’ tutta fuffa, questi non la cambiano”.

Letta ha rimarcato le distanze sui diritti civili da Lega e Fdi (però non ha mai citato Forza Italia), dal Ddl Zan allo Ius scholae: “Dobbiamo essere quelli che spingono il cambiamento, anche a costo di strappare”, ha detto, perché su questi temi la destra italiana “è fra le più arretrate d’Europa”.

Sui referendum le posizioni sono piuttosto articolate. Per Letta è giusto mettere mano alla Giustizia, ma bisogna farlo in Parlamento. Quindi, il 12 giugno è meglio votare ‘No’. Ma c’è una pattuglia che non è d’accordo. Ne fanno parte anche il deputato Stefano Ceccanti e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Con loro c’è il senatore Andrea Marcucci, di Base riformista. Anche se la corrente, guidata dal ministro Andrea Guerini, ha fatto sapere di aver apprezzato “la relazione di Letta, in particolare per la posizione sui referendum e per le parole di chiarezza sulla guerra”.

Il segretario ha chiuso tracciando la rotta: “Welfare, lavoro, politiche sociali. Vorrei chiudere la legislatura con cambiamenti che lascino una traccia storica per il nostro Paese”.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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