Il piano per il gas, “inverno critico se stop ora”

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. ANSA / MATTEO BAZZI

ROMA.  – Ogni mese fa la differenza nella corsa dell’Italia alla differenziazione delle forniture di gas per smarcarsi da Mosca.

Gli stoccaggi si stanno riempendo al ritmo di circa un miliardo e mezzo di metri cubi al mese e sono al 40%. Ci vorranno sei mesi per raggiungere il 90% necessario ad affrontare il prossimo inverno e quelli successivi “con una certa tranquillità”, spiega il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in una nuova informativa urgente alla Camera sull’aumento dei costi dell’energia.

Uno stop adesso alle forniture dalla Russia invece “renderebbe critico il superamento dell’inverno 2022-23 in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda”, riconosce il ministro che più tardi, a Rainews24 parla di “un inverno difficilissimo”. Il traguardo poi a cui guardare per sostituire in modo strutturale le importazioni da Mosca è infatti la seconda metà del 2024 il periodo in cui si avranno 29 miliardi di metri cubi di gas da canali alternativi.

Dall’Algeria si passerà da 2,1 miliardi di metri cubi a 9 miliardi. La Tap avrà 1,5 miliardi in più dal 2023. C’è poi l’aumento della produzione nazionale per altri 1,5 miliardi l’anno. Il gas liquido, invece, arriverà anche dal Congo, dal Qatar e dall’Angola: saranno 1,5 miliardi velocemente per arrivare a 12,7 miliardi nel 2025. Per lavorarlo è “di straordinaria importanza che il primo rigassificatore galleggiante entri in funzione entro l’inizio del 2023”, dice Cingolani,  un altro diventerà operativo invece tra la fine del 2023 o l’inizio del 2024.

C’è poi la parte dei risparmi, dovuta all’incremento delle rinnovabili per 0,7 miliardi di metri cubi e altri 2 miliardi previsti dai risparmi sulle temperature di riscaldamento e condizionamento di un grado.

Finora, nonostante la guerra e le sanzioni, il riempimento degli stoccaggi prosegue “come prima del periodo bellico”, osserva il ministro mentre si perfezionano gli accordi internazionali per gli approvvigionamenti da altri paesi.

Un’eventuale interruzione di gas dalla Russia, spiega, “dipenderà dall’analisi legale del contratto di pagamento in rubli e da possibili nuove sanzioni internazionali dirette all’export di gas”. Di queste ultime, però, ancora non si è ancora parlato a livello europeo e in caso fossero adottate potrebbero prevedere, come per il petrolio, un periodo di mesi prima dell’entrata a regime.

Un tema più imminente è quello del saldo in rubli per le forniture di gas, previsto da un decreto russo. Già a metà mese alcuni operatori dovranno fare pagamenti e rischiano di essere considerati inadempienti, per Cingolani che ribadisce la richiesta a Bruxelles dare direttive chiare “al più presto” perché non si possono lasciare gli operatori “col cerino in mano”. Ma nega sue aperture al pagamento in rubli, smentendo nuovamente l’intervista di ieri a Politico: “la posizione dell’Europa è unita in questo, serve una posizione unitaria qualunque sia”.

Un altro tavolo in corso a Bruxelles è quello per un tetto al prezzo del gas. Il cosiddetto price cap “chiesto dall’Italia fin dall’inizio della crisi”, come ha ricordato il presidente del Consiglio Mario Draghi all’Europarlamento consentirebbe di “ridurre i costi esorbitanti che gravano sulle nostre economie” e “diminuire le somme che ogni giorno inviamo a Putin” e finanziano la guerra.

Con le quotazioni del metano a 100-110 euro a MWh, cinque volte al di sopra del livello di gennaio 2021, il Mite calcola che un price cap a 80 euro porterebbe immediatamente un taglio alla bolletta del gas del 25% e uno ancora superiore della bolletta della luce. Ma è una strada che, secondo Cingolani, si può percorrere solo a livello comunitario.

Per un paese grande e interconnesso come l’Italia, un Price cap nazionale, non sarebbe una politica particularmente intelligente”, osserva, a differenza che per paesi isolati energeticamente come Spagna e Portogallo.  “Il mercato- spiega il ministro – semplicemente lo salterebbe a piè pari perché non è conveniente vendere lì il gas”.