Cappellani carcerari: “Un ponte tra detenzione e libertà”

Un'immagine simbolica della cella di un carcere italiano
Un'immagine simbolica della cella di un carcere italiano . ANSA

ROMA. – Si prendono cura degli uomini che hanno bisogno di un “soffio di attenzione”. Si definiscono il “ponte tra mondo esterno e quotidianità chiusa tra quattro mura”. Sono i cappellani carcerari. Una figura chiave in tutti i 190 istituti penitenziari italiani. Da lunedì, fino al 4 maggio, avranno modo di riunirsi nel IV convegno nazionale dei cappellani e degli operatori per la Pastorale Penitenziaria, in programma ad Assisi presso la Domus Pacis (Santa Maria degli Angeli). Il tema dell’incontro è “Cercatori instancabili di ciò che è perduto”.

Un titolo quanto mai calzante. “Siamo quelli che vanno a cercare l’uomo che ha bisogno di essere rialzato e aiutato”, sottolinea don Raffaele Grimaldi, ispettore generale cappellani carceri italiane, durante la presentazione del programma del convegno al Regina Coeli di Roma. “Siamo tutti sulla stessa barca – continua – ma talvolta qualcuno cade e ha bisogno di essere aiutato”.

Anche la scelta di Assisi non è casuale. “Qui San Francesco – spiega Grimaldi – si è convertito dopo aver baciato il lebbroso e noi nelle carceri è come se noi baciassimo i lebbrosi ogni giorno”. La pandemia, poi, “ha avuto un forte impatto sulle carceri italiane”, spiega Claudia Clementi, direttrice del carcere di Regina Coeli. Ha complicato ancora di più la vita sia per i detenuti che per gli operatori. Nonostante questo, “i cappellani ci sono sempre stati”, come racconta padre Vittorio Trani, cappellano del carcere di Regina Coeli.

“La domenica non si può più fare la messa tutti insieme ma abbiamo sempre trovato il modo di far arrivare la preghiera in tutti i settori del carcere”, ribadisce padre Vittorio. Una figura, quella dei cappellani, che sta provando ad evolversi insieme alla popolazione carceraria. Secondo l’ultimo rapporto Antigone sono 17.344 i detenuti stranieri, cioè il 32,5%.

“Abbiamo a che fare con diverse fedi, nonostante questo, nessuno viene escluso, il cappellano accoglie tutti”, sottolinea padre Grimaldi. E anche quando la detenzione sta per finire, il cappellano si dimostra il collante tra dentro e fuori. “Sono preziosissimi perché riescono a offrire un vero e proprio supporto materiale, ma anche a costruire percorsi di reinserimento con prospettive future”, racconta la direttrice del carcere.

Lo stesso vale per molti detenuti stranieri che sul territorio spesso non hanno riferimenti abitativi o familiari. “Col cappellano si individuano risorse che vado a supplire anche a queste carenze”, conclude la direttrice del carcere.