Presidente Mattarella: “Resistenza è opporsi a una invasione”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia del 77° anniversario della Liberazione
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad Acerra accolto da Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, in occasione del 77° anniversario della Liberazione (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

ROMA. – La Resistenza contro gli ex alleati che si trasformarono in spietati invasori permise il “riscatto” dell’Italia, ne forgiò la rinascita, costruì le basi della Repubblica. La Resistenza è tutto questo, ma è soprattutto “opporsi a un’invasione straniera, frutto dell’arbitrio e contraria al diritto”.

In un 25 aprile macchiato dalle consuete polemiche e contestazioni, Sergio Mattarella sceglie di cucire a doppio filo lotta di liberazione e crisi Ucraina, mettendo un punto definitivo ai distinguo di quanti, legando Resistenza e pacifismo, dimenticano che la lotta di liberazione vide un popolo in armi contro l’invasore tedesco.

Il presidente questo 25 aprile ha scelto di spostarsi al sud, nella città di Acerra che visse nel 1943 una terribile strage nazista di civili, oggi ben più famosa per i suoi problemi ambientali (e il vescovo di Acerra si rammarica, “deluso” che Mattarella “abbia detto poco sulla Terra dei Fuochi). Una puntata nel Mezzogiorno per ricordare che il movimento fu unitario, da nord a sud. Che non ci furono due resistenze, una di serie A al nord e una di serie B al sud.

Il capo dello Stato ha ripreso e rafforzato i concetti espressi nei giorni scorsi quasi a voler ripulire l’aria da una sottile nebbia negazionista che circola nel Paese e per questo non ha usato giri di parole: “questo tornare indietro della storia rappresenta un pericolo non soltanto per l’Ucraina ma per tutti gli europei. Avvertiamo l’esigenza di fermare subito, con determinazione, questa deriva di guerra prima che – ha sottolineato Mattarella – possa ulteriormente disarticolare la convivenza internazionale, prima che possa tragicamente estendersi”.

E se non fosse stato abbastanza chiaro da Acerra il presidente dedica idealmente all’Ucraina la canzone simbolo delle lotte partigiane. Si tratta della famosissima – e non da tutti apprezzata nel suo valore unitario – “Bella Ciao”. Quando lo scorso 24 febbraio, ha spiegato Mattarella con un ricordo del tutto personale, seppi che la Russia aveva invaso l’Ucraina “ho avvertito un pesante senso di allarme, di tristezza, di indignazione”.

E, pensando agli ucraini “svegliati dalle bombe mi sono venute in mente queste parole: “Questa mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor”. Sappiamo tutti da dove sono tratte queste parole. Sono le prime di Bella ciao”. Resistenza quindi, anche con le armi.

Il capo dello Stato rimette la chiesa al centro del villaggio e lo fa con una precisazione storica e con un richiamo etico al prezzo che la libertà a volte richiede. Ma si inserisce dall’alto nel dibattito politico di queste ore: l’ombrello del Quirinale è aperto sopra palazzo Chigi proteggendo efficacemente le complesse scelte del premier, impegnato nell’identificare un nuovo pacchetto di aiuti militari al governo di Kiev.

Giuseppe Conte dice ‘no’ ma intanto rimanda la presa di posizione M5s ad una riunione del Consiglio nazionale del M5s, dove il dibattito è incandescente. Mario Draghi intanto prepara una sua visita da Zelensky e anch’egli celebra questo “25 aprile di guerra”, inimmaginabile fino a pochi mesi fa: “è il giorno della gratitudine verso chi ha lottato per la pace e per la libertà dell’Italia dalla dittatura del nazifascismo. La generosità, il coraggio, il patriottismo dei partigiani e di tutta la Resistenza sono valori vivi, forti, attuali”, ha spiegato mentre in diverse città alcuni manifestanti, in nome del pacifismo, lo contestavano per l’invio di armi a Zelensky.

Se Mattarella ha scelto Acerra, i presidenti di Camera e Senato hanno visitato le località simbolo delle stragi nazi-fasciste: Roberto Fico, ha partecipato alla cerimonia di San Martino di Caprara, a Marzabotto, dove nel 1944 i soldati nazisti uccisero oltre 770 civili; Elisabetta Casellati ha reso omaggio a Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, altro luogo di un terribile massacro.

“La libertà non è un bene scontato”, ma “un’eredità da preservare e coltivare”, ha detto la presidente del Senato Casellati. Il presidente della Camera Fico, dopo aver definito “una scelta importante e coraggiosa” quella del governo di inviare armi all’Ucraina, ascolta la lettura di una lettera di Liliana Segre: “il 25 aprile ci ricorda che resistere è necessario ed è un dovere. Ieri come oggi, ovunque giustizia, dignità, la vita stessa vengono calpestate, umiliate, distrutte”, ha scritto la senatrice a vita.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)