Analisi: Putin-Kirill, alleanza più stretta che mai

In una foto d'archivio Vladimir Putin con il Patriarca Kirill.
In una foto d'archivio Vladimir Putin con il Patriarca Kirill.

CITTÀ DEL VATICANO. – La Pasqua ortodossa celebrata ieri nelle Chiese orientali, oltre a non essere stata accompagnata – come invocato da più parti – da una tregua nell’offensiva russa in Ucraina, è stata anche l’occasione per rinsaldare come non mai il legame di ferro tra il presidente Vladimir Putin e il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca di Mosca Kirill.

Le immagini di Putin con una candela rossa in mano e che si fa il segno della croce durante il servizio pasquale notturno celebrato da Kirill nella chiesa cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca, presente anche il sindaco della capitale Sergej Sobjanin, hanno fatto il giro del mondo. E sono state anche il segnale inequivocabile, sia verso l’interno del “mondo russo” che verso l’esterno, che il capo del Cremlino gode quanto mai prima del sostegno, non solo morale, del patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

Un aspetto fondamentale in una guerra in cui la componente religiosa gioca un ruolo cruciale. Hanno fatto molto discutere, nelle scorse settimane, le sortite di Kirill benedicenti l’invasione dell’Ucraina, vista – con toni metafisici e apocalittici – come una sorta di “guerra santa” contro l’avanzare dall’Occidente delle derive immorali e anti-cristiane simboleggiate dal Gay Pride. Il Patriarca ha esortato esplicitamente a combattere contro “i nemici interni ed esterni della Russia”.

Tesi che gli sono valse, oltre a una valanga di critiche, addirittura la denuncia collettiva da parte di oltre 400 preti ortodossi ucraini – facenti capo al suo stesso Patriarcato di Mosca – al Consiglio dei Primati delle Chiese Antiche Orientali (la più alta “corte” dell’ortodossia mondiale) perché predica la dottrina del “mondo russo”, che si discosta dall’insegnamento ortodosso e dovrebbe essere condannato come eresia, e perché avrebbe commesso “crimini morali”, benedicendo le azioni di guerra contro Kiev e sostenendo pienamente l’aggressività delle truppe russe sul suolo ucraino.

Nel sermone dell’altra sera davanti a Putin, Kirill non ha usato accenti altrettanto bellicisti, non ne aveva bisogno, ma ugualmente improntati alla “vittoria”. “La prima cosa che ogni cristiano dovrebbe trarre dalla celebrazione pasquale è l’assoluta fiducia nel trionfo finale della verità, della luce e della verità, perché è per questo che il nostro Salvatore ha sofferto ed è risorto – ha affermato -. Ciò significa che tutti coloro che sono con Cristo sono insieme al Vincitore, sono dalla parte della vittoria, non importa quanto sia difficile la nostra vita quotidiana”.

“E Dio non voglia che le difficoltà che stiamo vivendo ora non ci impediscano di mantenere la sobrietà d’animo, la lucidità e la capacità di comprendere correttamente i segni dei tempi – ha aggiunto -. Questo è dato a tutti noi attraverso l’esperienza della vita spirituale, e chi sa distinguere i segni dei tempi diventa invincibile”. Al patriarca, per la Pasqua ortodossa, ha inviato una lettera papa Francesco.

“Caro fratello! Possa lo Spirito Santo trasformare i nostri cuori e renderci veri operatori di pace, specialmente per l’Ucraina dilaniata dalla guerra, affinché il grande passaggio pasquale dalla morte alla nuova vita in Cristo diventi una realtà per il popolo ucraino, desideroso di una nuova alba che porrà fine all’oscurità della guerra”. Non si sa quanto tali parole possano trovare ascolto nel leader ortodosso.

Ma sta di fatto che, per quanto l’intento ecumenico di Bergoglio resti immutato (“per me l’accordo è superiore al conflitto”, ha ripetuto la scorsa settimana a La Nacion), le distanze sulla guerra rimangono pressoché incolmabili. Tali da impedire quell’incontro che era in cantiere per il prossimo 14 giugno a Gerusalemme, dove Francesco sarebbe dovuto arrivare dalla sua visita di due giorni in Libano, e che invece la diplomazia vaticana ha preferito fosse annullato, e rinviato magari altrove, sempre in “territorio neutro” (come all’Avana nel 2016) ma a data da destinarsi, perché in questo momento avrebbe “creato confusione”.

Insomma, nessuno avrebbe compreso, non solo in Ucraina, il senso di un abbraccio tra il Papa che predica incessantemente la pace, e il Patriarca, di fatto padre e sostenitore spirituale di Putin, che benedice la guerra.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)