Le conquiste della privacy nei 25 anni del Garante

Una foto tratta dal volume Privacy
Una foto tratta dal volume Privacy

ROMA. – Per celebrare i venticinque anni dall’introduzione nel nostro ordinamento del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali e ricordare i primi venticinque anni di attività del Garante per la privacy, l’Autorità ha realizzato, in collaborazione con l’ANSA, il volume “25 anni di privacy in Italia. Dalla distanza di cortesia all’algoritmo”.

Il volume, presentato oggi a Roma, ripercorre l’evoluzione del concetto di privacy in Italia ed illustrare i passaggi salienti dell’attività svolta in questo quarto di secolo, anche con riferimenti al contesto italiano e mondiale. Senza tralasciare una riflessione finale sugli scenari futuri che si profilano con l’incessante sviluppo delle nuove tecnologie e le conseguenti sfide che attendono l’Autorità (AI, algoritmi, cybersecurity, neurodiritti).

Emerge il percorso evolutivo del rilevante contributo che il Garante ha dato allo sviluppo dei diversi settori della società (lavoro pubblico e privato, pubblica amministrazione, sanità, banche, partiti politici, mass media, social network, nuove tecnologie) e alla crescita nel Paese della cultura della riservatezza, anche attraverso l’uso di strumenti innovativi di soft law, quali codici deontologici e linee guida, e quando è stato necessario anche attraverso l’applicazione di sanzioni amministrative.

Il processo di dematerializzazione ha investito tutti i settori ed ha aumentato i rischi per la sicurezza dei nostri dati, soprattutto di quelli più delicati. In pochi anni in sanità, siamo passati dalla cartella clinica cartacea al Fascicolo sanitario elettronico, alle visite online, alla medicina predittiva. I fascicoli cartacei dei processi penali, civili, amministrativi stanno lasciando il passo ai documenti elettronici e magistrati e difensori si avvarranno sempre di più dei sistemi informatici.

Lo stesso vale per le attività bancarie, chiudono le filiali e si moltiplicano i profili personali di home banking. Basta con le file in Comune, i certificati si richiedono on line, dal tabaccaio o in edicola. Spariscono gli album di fotografie e si moltiplicano le gallerie su smartphone e social. Cresce sempre di più l’esposizione sui social con tutti i rischi che comporta (phishing, sexting, revenge porn).

La pandemia ha dato il colpo definitivo al passaggio di una società, non ancora pronta, al mondo digitale, aumentando i rischi per la sicurezza delle nostre vite elettroniche. Siamo passati dal lavoro in ufficio allo smart working a casa, mentre la gig economy accelera lo sviluppo dei rider. Lo stesso vale per la scuola e l’università, le classi si sono svuotate: le lezioni si seguono da casa e gli esami si sostengono da remoto.

Si può dire che in questi 25 ani il Garante è stato presente ed è intervenuto costantemente a tutela della persona in tutte le sue fasi, “dalla culla alla tomba”, e ha dettato alla Pa, alle imprese, alle piattaforme digitali, ai gestori telefonici, ai social le misure necessarie per proteggere i nostri dati personali nella vita reale e in quella virtuale.

Bastano pochi esempi, oggi sarebbe impensabile e striderebbe chiamare un paziente per nome nella sala d’attesa di un ospedale, o non veder rispettata la distanza di cortesia in banca. Appare, inoltre, inaccettabile vedere sui giornali foto di corpi crivellati di colpi, come quelle che si pubblicavano negli anni 70/80, o articoli che si soffermano su dettagli non essenziali.

Lascia un commento