“Rsa di fatto in lockdown”, la protesta delle famiglie

Anziani in una casa di riposo.
Anziani in una casa di riposo.

ROMA. – “Quest’ultimo anno nelle RSA il livello di mortalità è quadruplicato e non per il Covid ma per la sindrome di abbandono e sindromi depressive”. Questo il grido di allarme e protesta dei parenti dei pazienti anziani o disabili ricoverati nelle RSA e nelle RSD che oggi hanno manifestato sotto il ministero della sanità per chiedere un allentamento delle misure per le visite in queste strutture dove il lockdown di fatto non finirà il 31 marzo.

Tante le testimonianze al sit-in organizzato dal Coordinamento Nazionale Parenti Associazioni Lavoratrici/ori (Conpal) in contemporanea anche davanti alle prefetture di Firenze, Torino e Milano. “Le istituzioni in questi mesi non hanno fatto altro che riempirci di retorica rimpallandosi le responsabilità tra direzioni regionali e direzioni sanitarie”, spiega al microfono una delle organizzatrici ricordando come le visite si svolgono ancora in modalità Covid ovvero “attraverso vetri, pannelli divisori, nessun tipo di contatto fisico, con lo spazio temporal compresso, una ventina di minuti solo con prenotazione in fasce orarie impossibili per chi lavora. E nessuna visita la domenica”.

“Le persone sono lasciate sole e abbandonate durante i momenti più duri della malattia a causa del bassissimo numero del personale e sono lasciate sole anche durante la morte -dice il coordinamento -Le dirigenze sanitarie a cui il governo ha concesso completa discrezionalità hanno deciso di tagliare fuori volontari e ostacolare le visite dei parenti e, in alcuni casi, il super green pass non ha permesso ai bambini di vedere i propri genitori oppure i propri nonni”.

“Il contatto umano è e deve essere parte integrante della cura dei malati. I malati di Alzheimer spesso non capiscono bene le parole e non è possibile manifestare affetto e vicinanza tramite un vetro o un plexiglass sempre frapposto tra noi e i nostri cari durante le visite”, racconta Anna una delle manifestanti.

“Siamo stati ostacolati negli ultimi 24 mesi e continuano a esserlo perché non ci è possibile toccare e abbracciare i nostri cari – continua Giulia, la figlia di una signora ricoverata in una RSA -. Oggi qui davanti al ministero vogliamo proporre che si ritorni alla normalità e che si consenta ai nostri cari di uscire e di vedere i parenti perché le residenze sanitarie non sono carceri”.

Richiesta presentate in più voci presenti al sit-in di protesta è quella di rivedere le procedure di accreditamento attraverso una norma quadro nazionale più stringente che tenga conto del reale benessere delle persone ricoverate, dell’ampiezza delle stanze e anche del numero massimo di persone accoglibili.

“Vogliamo che sia accreditate strutture piccole dove la logica di benessere prevalga su quella del profitto come invece è purtroppo oggi. Bisogna dire basta al business del fine vita”, racconta ancora Paola, la figlia di un’altra anziana ricoverata in una RSA di Roma.

La richiesta dei manifestanti rimane quella dell’apertura di un tavolo con il ministero affinché si discuta della revisione dei criteri per l’accreditamento e la definizione di un cccordo quadro Stato/Regioni per assicurare il rispetto e l’attuazione delle finalità previste dalla norma istitutiva delle RSA/RSD.

(di Matteo Petri/ANSA)