Tabucchi, a dieci anni dalla morte amato dai giovani

Copertina del libro "Tabucchi, opere".
Copertina del libro "Tabucchi, opere".

ROMA. – ”La letteratura è sostanzialmente questo. Una visione del mondo differente da quella imposta dal pensiero dominante, o per meglio dire dal pensiero al potere, qualsiasi esso sia. In sé la letteratura è dunque ‘altro’ ed è una forma particolare di conoscenza”, ha scritto Antonio Tabucchi, di cui venerdì 25 marzo saranno dieci anni dalla morte, avvenuta a Lisbona nel 2012.

Ed è una visione differente che ha il suo Pereira come lui stesso ed è proprio per questo che questo scrittore è così amato, specie da alcuni giovani che oggi alla sua disponibilità e al suo magistero di scrittura e di vita guardano. ”Dopo Pasolini, Tabucchi è stato infatti l’ultimo scrittore a tirare il potere per la giacca, e a pagare per averlo fatto”, ha scritto tempo fa Andrea Bajani, che poi a lui ha dedicato il libro ”Mi riconosci” edito nel 2013 da Feltrinelli, un dialogo intenso su un’amicizia nel comune amore per la letteratura.

Ci sono poi Paolo Di Paolo, Ugo Riccarelli, Romana Petri, oltre a Dacia Maraini, che lo ricordano e ne parlano in ”Una giornata con Tabucchi” edito da Cavallo di Ferro poco dopo la sua morte. Oggi invece escono ”Storie che accadono” di Roberto Ferrucci (People, pp. 176 – 16,00 euro) che nell’ultima parte lo ricorda assieme a Del Giudice, le due persone, divenute amici, cui deve la sua passione e la sua vocazione letteraria, mentre ”La vita imperfetta” è la ristampa di una lunga intervista del 2011 a Tabucchi di Marco Alloni (Aliberti, pp. 110 – 14,00 euro).

In questo decennale allora è giusto ricordare come, importante docente universitario di lingua e letteratura portoghese e scrittore di grande successo internazionale, grazie in particolare al romanzo ”Sostiene Pereira” del 1994 vincitore dei premi Campiello, Scanno e del Jean Monnet per la Letteratura Europea, tradotto in 40 lingue, abbia ritenuto suo dovere non tirarsi indietro davanti ai gravi problemi della società italiana.

Cominciò in anni lontani difendendo i rom a Firenze, poi si batté come ”un moschettiere” (la definizione è di Stefano Benni) in particolare contro il governo Berlusconi e il suo degrado morale e politico, con pubbliche prese di posizione che gli costarono attacchi aspri e ostracismi in quegli anni, che erano per lui una ”emergenza democratica” che non smetteva mai di sottolineare.

Il suo Pereira è un giornalista vedovo, che, a Lisbona, sotto la dittatura di Salazar e con in Spagna la guerra civile, vede affidarsi la pagina della cultura di un quotidiano, su cui non disturba il potere parlando di morti e di passato, finché diventano suoi collaboratori Monteiro Rossi e la sua fidanzata Marta, che riusciranno a costringerlo a aprire dolorosamente gli occhi e, poi a uscire allo scoperto, denunciando sul giornale l’assassinio politico di Monteiro, prima di fuggire all’estero.

La forza di Pereira è proprio in questa sua sofferta presa di coscienza, che, da una parte introduce i temi civili e vibranti della libertà e della dignità dell’uomo e, dall’altra, lo mostra nella sua dolente, sentimentale e umanissima persona. Il tutto ambientato nel passato, eppure capacissimo di parlarci del nostro presente, attraverso un romanzo costruito come un verbale di una confessione, di continuo intercalata dall’inciso ”sostiene Pereira”.

Tabucchi nacque a Pisa nel 1943 e ventenne, negli anni Sessanta, scoprì a Parigi un volume firmato Álvaro de Campos, uno degli eteronimi di Pessoa, che comincerà a studiare facendone pian piano l’interesse centrale di tutta una vita di studioso. Con María José de Lancastre, divenuta sua moglie, ha tradotto in italiano molte opere di Pessoa, scritto saggi e persino una commedia su questo autore del ”Libro dell’inquietudine”, capace di moltiplicarsi in tanti se stesso diversi.

Contemporaneamente alle prime traduzioni e saggi, pubblica a metà anni Settanta anche le prime sue opere letterarie, ”Piazza d’Italia” e ”Il piccolo naviglio”, che raccontano la Toscana popolare e attraversata nel tempo da idee e moti in modi che sembrano risentire dell’influenza della narrativa sudamericana. Vengono poi negli anni Ottanta raccolte di raffinati racconti, tra cui ”Donna di Porto Pim e altre storie” e ”Notturno indiano”, appena ristampati assieme col titolo ”Di viaggi e di sogni” (Sellerio, pp. 246 – 100,00 euro) con introduzioni di Tim Parks e Antonio Mega Ferreira.

Sull’onda della fortuna di Pereira, i suoi libri divennero best seller, da ”La testa perduta di Damasceno Monteiro” del 1997, secondo dei due suoi soli veri romanzi, che ci porta, con una storia gialla in bilico tra lucidità della ragione e sentimento del rovescio, in Portogallo, ma quello del dopo-Salazar, in cui imperano ancora ingiustizia, violenza e corruzione e sembra tanto assomigliare a quell’Italia che Tabucchi attacca e descrive nelle collaborazioni all’Unità, a Repubblica, al Fatto quotidiano.

Dal 2018 tutti i suoi scritti si trovano raccolti in ”Opere”, due volumi dei Meridiani Mondadori a cura di Paolo Mauri. Da allora vari altri libri di racconti, di viaggio, di rivisitazioni narrative dell’arte, che sono sempre occasioni anche per riflessioni intellettuali sulla società, la vita, il ruolo dell’artista: ”Per me essere impegnati significa prima di tutto essere impegnati con se stessi, il che significa essere sinceri”, specie in un’epoca che costringe a riflettere sul tempo, quello personale, interiore e lo sfuggire delle ore che si lega al problema della memoria, in un’epoca in cui, diceva, o ci si sente eterni o si vive solo il presente contingente, senza senso del futuro.

(di Paolo Petroni/ANSA)

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