“Dall’Italia il giubbotto per salvare la vita di mio figlio”

Un soldato ucraino contempla la distruzione nella città di Bucha.
Un soldato ucraino contempla la distruzione nella città di Bucha. EPA/ROMAN PILIPEY

ROMA. – Il padre, il marito o il fidanzato sono in Ucraina a combattere e loro, dall’Italia, si preoccupano della loro sicurezza. Come possono: anche inviandogli giubbotti antiproiettile. “Il nostro lavoro in questo periodo è aumentato moltissimo”, dice Cinzia Parnisari, titolare di un’azienda di Lesa, comune del Novarese, che da venti anni progetta, produce e vende prodotti per la protezione personale ad alte prestazioni, per i militari e per le agenzie del mondo della sicurezza.

“E’ un continuo andare e venire di persone di nazionalità ucraina”, afferma la titolare della Parnisari Arms, che è specializzata proprio in giubbotti antiproiettile. Che sono “richiestissimi”. “Li comprano da noi – spiega l’imprenditrice – per poi essere inviati in Ucraina ed essere consegnati a chi è impegnato al fronte oppure nelle ronde cittadine. Mi chiedono i giubbotti perché vogliono proteggere i propri parenti nel miglior modo possibile. Io cerco di proporre i prodotti migliori e con il peso minore, perché permettono a chi li indossa di muoversi senza particolari impedimenti e continuare a fare la vita di tutti i giorni”.

“Sono venuta ad informarmi per acquistare un giubbotto antiproiettile che vorrei inviare a mio figlio che è militare in Ucraina”, spiega Tiutiunjk Jaroslava, mentre si fa spiegare le caratteristiche tecniche dei giubbotti protettivi. “E’ chiaramente un momento particolare – aggiunge Cinzia Parnisari – perché questa situazione è molto toccante. Mi auguro che tutto il lavoro che stiamo facendo in questi giorni e in queste notti serva per salvare la vita di più persone possibile”.

“Siamo orgogliosi che un’azienda storica del territorio stia fornendo giubbotti antiproiettile e che questi vengano portati in Ucraina”, commenta il sindaco di Lesa, Luca Bona. “Come comune di Lesa, invece, stiamo collaborando con la Caritas e le famiglie locali – aggiunge – per accogliere diversi nuclei familiari ucraini, principalmente donne e bambini, che stiamo inserendo nella nostra comunità per accompagnarli e per integrarli in un momento così difficile. Proprio ieri mattina, ad esempio, una bambina ha cominciato a seguire le lezioni nella nostra scuola”.

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