Inps: pensioni con arretrati a condannati mafia

Una sede dell'Istituto Nazionbale della Previdenza Sociale.
Una sede dell'Istituto Nazionbale della Previdenza Sociale. (ANSA)

ROMA.  – I condannati con sentenza passata in giudicato per terrorismo e mafia che non stanno scontando la pena in carcere ma in una situazione di detenzione alternativa (arresti domiciliari, affidamento ai servizi social ecc) potranno chiedere all’Inps, la pensione sociale o altri ammortizzatori che erano stati revocati e avranno diritto anche ad ottenere gli arretrati.

Lo si legge in un messaggio dell’Inps che dà applicazione a una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’articolo della legge 92/2012 che prevedeva la revoca delle prestazioni a fronte di condanne per mafia e terrorismo.

Si avrà diritto agli arretrati per “indennità di disoccupazione”, l’assegno sociale, la pensione sociale e la pensione agli invalidi civili dalla data della revoca della prestazione, per i periodi nei quali il titolare non scontava la pena in carcere.

“L’illegittimità della revoca, si legge nella sentenza della Corte numero 137 del 2021 riportata nel messaggio –  infatti, deriva dal pregiudizio al diritto all’assistenza per chi necessiti dei mezzi per sopravvivere, che deve essere comunque garantito a ciascun individuo, pur se colpevole di determinati reati”.

Alla luce della sentenza della Consulta la prestazione – si legge nel messaggio Inps a proposito della pensione e dell’assegno sociale – “può essere ripristinata con decorrenza dalla data della revoca o da una data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.

L’interessato è tenuto a presentare la richiesta di riesame allegando il provvedimento dell’Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere”.  Possono inoltre essere riesaminate ed accolte le domande rigettate sulla base della norma ora dichiarata illegittima.

Nel caso di domande di prestazioni di invalidità civile respinte ab origine, in applicazione della legge 92 del 2012, scrive l’Inps, “potranno essere erogate dalla data della domanda amministrativa qualora il cittadino condannato si trovi a scontare la pena detentiva in una modalità alternativa al carcere”. “Il riconoscimento del diritto alle prestazioni di invalidità civile – ha infatti spiegato la Corte – si configura quale diritto inviolabile volto a garantire i mezzi di mantenimento a chi è inabile al lavoro”.

Intanto l’Inps ha diffuso l’Osservatorio sul precariato con i dati sul 2021 secondo i quali nell’anno c’è stato un saldo positivo tra assunzioni  e cessazioni di quasi 692mila contratti. Le assunzioni sono state nel complesso oltre 7 milioni 167mila a fronte di 6 milioni 476mila cessazioni.

Il saldo  per i contratti a tempo indeterminato è stato positivo per 119.148 unità (meno della metà di quello del 2020 quando era però in vigore il blocco dei licenziamenti per l’emergenza sanitaria) mentre è stata pari a +346.205 la variazione netta per i rapporti di lavoro a termine a fronte di un saldo negativo di 181mila unità nel 2020.

Il lavoro sembra essere ripartito anche a giudicare dalle richieste di cassa integrazione che a febbraio sono state per meno di 64 milioni di ore  (27 dei quali con causale emergenza sanitaria) con un calo del 24,2% su gennaio e del 63,1% su febbraio 2021.

I licenziamenti economici dopo la fine del blocco sono cresciuti avvicinandosi ai livelli del 2019 per poi ripiegare.  Le domande di disoccupazione a gennaio sono state 173.792, in aumento del 20,4% rispetto a gennaio 2020 quando era in vigore il blocco dei licenziamenti ma comunque meno di gennaio 2020, prima della pandemia (180.292).