Nazanin torna a casa dopo 6 anni di carcere in Iran

Nazanin Zaghari-Ratcliffe in una fotografia durante una manifestazione per la sua liberazione. ANSA/EPA/VICKIE FLORES

LONDRA.  – Un’ordalia durata anni, prigionieri nel Paese d’origine e separati da quello di adozione: sottratti alle famiglie, lontano dai figli che crescevano.

Un incubo che finisce oggi per Nazanin Zaghari-Ratcliffe e Anoosheh Ashoori, due dei cittadini irano-britannici condannati a partire dal 2016 a Teheran sulla base di contestatissime imputazioni di “spionaggio”, e lasciati finalmente ripartire verso casa all’esito di una complicata partita negoziale conclusa dal governo di Boris Johnson, grazie anche al pagamento “parallelo” di un credito vecchio di 4 decenni rivendicato dagli iraniani per una cifra pari a mezzo miliardo di euro.

La notizia della liberazione di Zaghari-Ratcliffe, trattenuta in Iran da ormai 6 anni, è stata diffusa dapprima ufficiosamente da Tulip Siddiq, la deputata del Labour eletta nel collegio in cui vive la sua famiglia inglese che ne ha seguito passo passo la vicenda a sostegno del marito .Per essere poi formalizzata al Parlamento di Westminster dalla ministra degli Esteri, Liz Truss, assieme a quella del rilascio di un terzo recluso (od ostaggio, a seconda dei punti di vista), Morad Tahbaz, che al momento è uscito però di prigione solo dietro cauzione.

Per la 43enne Nazanin, dipendente della Fondazione Thomson-Reuters sposata con l’inglese Richard Ratcliffe e madre della piccola Gabriella, si chiude il cerchio dell’attesa più lunga. Iniziata nel 2016 con l’arresto,  durante quella che avrebbe dovuto essere una breve visita ai genitori, cui sarebbero seguiti l’accusa (sempre respinta) d’essere una spia, il processo, 4 anni di detenzione in carcere. E quindi la doccia fredda di una seconda condanna, scontata in parte ai domiciliari, questa volta per “propaganda ostile” contro la Repubblica Islamica per aver partecipato un decennio prima a Londra a una manifestazione di protesta.

Per Ashoori, ingegnere e businessman 67enne, la parola fine giunge invece dopo un periodo d’incarcerazione di oltre 4 anni. L’una si è vista abbonare tecnicamente dalla magistratura iraniana il residuo di pena legato al secondo verdetto; l’altro concedere un provvedimento di clemenza per ragioni “d’età e di salute”.

Al di là dei cavilli, tuttavia, nella sostanza si tratta di un accordo diplomatico – mediato dall’Oman e suggellato dagli spiragli di dialogo offerti dalle circostanze internazionali attuali. Accordo segnato soprattutto dallo sblocco da parte di Londra della restituzione di  430 milioni di sterline pagate a suo tempo dall’Iran dello Shah per una fornitura di carri armati Chieftain, la cui consegna fu poi congelata unilateralmente dal Regno in seguito alla rivoluzione khomeinista del remoto 1979.

“Sono lieto – ha twittato il premier Boris Johnson, in missione in Arabia Saudita – che l’ingiusta detenzione di Nazanin Zaghari-Ratcliffe e di Anoosheh Ashoori in Iran si sia conclusa oggi”. Il governo “ha lavorato intensamente per garantirne rilascio e sono felicissimo che possano finalmente riunirsi alle loro famiglie e ai loro cari”, ha aggiunto, quasi a rispondere alle critiche che neppure in queste ore l’opposizione laburista gli ha risparmiato imputandogli “pasticci diplomatici” all’origine di una soluzione definita tardiva.

Mentre alla Camera dei Comuni la sua ministra degli Esteri, Liz Truss, rendeva onore al lavoro sotterraneo del Foreign Office senza negare “la spaventosa odissea” affrontata di queste vittime di una resa dei conti fra Stati, né  “la grande sofferenza” patita dai loro familiari. Familiari ospitati nella balconata dell’aula parlamentare in attesa di poter riabbracciare Nazanin e Anoosheh, più vecchi stasera di 6 e di quasi 5 anni.

Il sospiro di sollievo è arrivato alla conferma del decollo da Teheran dell’aereo che ha portato i due a Muscat, capitale omanita e prima tappa del viaggio di ritorno verso Londra, ha raccontato a margine del dibattito Richard Ratcliffe, protagonista in questi anni di una battaglia accorata per riavere a casa la moglie sfociata anche negli ultimi mesi in uno sciopero della fame di protesta davanti a Downing Street. “Ora – ha poi sorriso con Gabriella accanto – saremo di nuovo una famiglia”.

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