Consulta, assegno familiare anche ai non europei

ROMA. – I cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nel diritto a ricevere l’assegno per il nucleo familiare, anche se i loro congiunti, come il coniuge e i figli, risiedono temporaneamente nel paese di origine. La parità di trattamento fra i destinatari di questo beneficio – che ha natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno – è garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo “architrave su cui poggia la comunità di corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi”.

Lo ha stabilito la Consulta – con la sentenza 67 depositata oggi – condividendo quanto da anni stanno sostenendo i tribunali di merito, e anche l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione che spesso tutela i migranti extracomunitari in giudizio contro l’Inps. A sollevare il problema è stata la Cassazione che riteneva necessario un intervento ulteriormente chiarificatore dopo che il giudice comunitario aveva già detto che distinzioni discriminatorie non sono tollerabili.

Per la Corte Costituzionale, invece, il quadro è ormai chiaro e i giudici di merito hanno il dovere di disapplicare le norme che sul tema dell’assegno per il nucleo familiare (Anf) distinguono tra familiari conviventi e familiari lontani.

“La famiglia va aiutata anche se vive dispersa in diversi confini geografici, magari per motivi di guerra, di cultura religiosa, o per situazioni contingenti: è una sentenza molto importante, quella depositata oggi dalla Consulta, e adesso anche la pubblica amministrazione dello Stato, e dunque l’Inps, dovrà seguirla direttamente riconoscendo a tutti i lavoratori non europei che si trovano nel nostro Paese, con i documenti in regola, il diritto a ricevere l’assegno per il nucleo familiare anche se hanno mogli e figli che sono rimasti nel paese di origine”, ha spiegato l’avvocato Alberto Guariso, il legale dell’Asgi che ha partecipato all’udienza davanti alla Corte Costituzionale.

“Anche le tante badanti ucraine che lavorano nelle nostre case e hanno lasciato la famiglia nel paese di origine – prosegue Guariso pensando ai bisogni dei profughi dopo l’invasione russa – hanno diritto a questo assegno, non c’è più da tempo la riserva per il capofamiglia maschio”.

“Chi è stato escluso da questo beneficio – aggiunge Guariso – può chiedere gli arretrati per gli ultimi cinque anni, fino allo scorso 28 febbraio. Dopo è arrivata un’altra normativa sulla quale l’Inps deve dare ancora spiegazioni chiare nel senso di assicurare l’universalità di questo diritto. La stiamo aspettando. Occorre rispettare le uguaglianze dove il diritto europeo lo impone, dare l’assegno anche a chi non ha la famiglia vicina serve anche al paese ospitante perché è una misura che favorisce lo sviluppo economico, abbassa la conflittualità e consente di mantenere il legame a doppio senso con il paese di provenienza anziché tagliare i ponti che è sempre un fatto negativo”.

(di Margherita Nanetti/ANSA)

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