Italia fra “Paesi ostili”, Mosca pagherà i bond in rubli

Il presidente russo Vladimir Putin.
Il presidente russo Vladimir Putin. (ANSA)

ROMA.  – I creditori della Russia divisi in buoni e cattivi: e nella lista nera dei cattivi, quelli che hanno sanzionato Mosca e per questo riceveranno i pagamenti dei bond russi in rubli, al tasso ufficiale della Banca di Russia, finisce anche l’Italia.

Con conseguenze imprevedibili per chi si ritroverà in mano una valuta in caduta libera che non può cambiare in dollari o in euro, e che ulteriori sanzioni minacciano di ridurre a “carta straccia”.

In ballo ci sono circa 310 miliardi di dollari di debiti verso l’estero delle aziende russe, 75 miliardi di passivo delle banche russe, 67 miliardi di bond governativi. É a questi che si applicano le nuove regole, ma con il potenziale di allargarsi ad altre posizioni debitorie di Mosca, che ha debiti complessivi verso l’estero per poco meno di 500 miliardi.

Per l’Italia, con un’esposizione che molte aziende e investitori hanno ridotto drasticamente dopo il conflitto con l’Ucraina del 2014, pesano soprattutto i 25 miliardi di crediti del settore bancario verso Mosca. Ma di fronte alla necessità di Mosca di trattenere quanti più dollari possibile, in prospettiva potrebbe complicarsi l’uscita dalle residue attività di gruppi come Eni, o la decisione sul da farsi da parte di gruppi con una presenza rilevante in Russia come Unicredit, Intesa Sanpaolo, Generali, Maire Tecnimont. Anche se quasi la metà del debito estero delle aziende russe è di controllate verso la casa madre, un passivo che di solito viene rinnovato a scadenza senza necessità di rimborso.

Tutto nasce dalle sanzioni: sequestrati gli asset degli oligarchi, esclusa una fetta consistente dell’economia dai pagamento sul circuito internazionale Swift, i Paesi occidentali hanno congelato oltre metà dei 630 miliardi di dollari di riserve in valuta estera che Mosca aveva accumulato in previsione della reazione internazionale all’invasione dell’Ucraina. La risposta di Mosca è stata il blocco dei flussi finanziari per arginare una fuga di capitali dal Paese, e lo stop ai pagamenti in rubli da parte di Euroclear e Clearstream, le due “camere di compensazione” dove passavano tradicionalmente i pagamenti dei bond russi.

Una guerra finanziaria che non solo ha spinto il rublo all’ennesimo minimo record – 160 per un dollaro oggi con la Borsa di Mosca sospesa da una settimana – ma ha aperto un enorme punto interrogativo sulla capacità della Russia e delle sue aziende di ripagare i debiti con controparti estere.

Ecco che Mosca, con la mossa annunciata nel weekend, cerca di dimostrare di essere in grado di rimborsare i creditori esteri nonostante il congelamento dei dollari che aveva accumulato e il blocco dei movimenti di capitali: i pagamenti in rubli ai creditori “cattivi” – banche e aziende in Usa, Gran Bretagna, Giappone e Paesi dell’Ue – avverranno su conti appositi creati presso la cassa di compensazione russa. Ma non è chiaro se questo eviterebbe il default, cui oggi i contratti “credit-default swap” danno una probabilità dell’80%.

L’incidente è dietro l’angolo, anche se un segnale positivo è che Gazprom proprio oggi ha ripagato in dollari, come da clausole contrattuali, un bond in scadenza oggi per 1,3 miliardi di dollari.  Se agli investitori esteri cominciassero invece ad arrivare rubli anche su bond che prevedono il rimborso solo in dollari, o euro, potrebbe essere l’inizio di un terremoto finanziario ancora più grande di quanto sta già accadendo.

Il 16 marzo lo Stato russo deve pagare cedole su obbligazioni in dollari per 117 milioni che non prevedono il pagamento in valuta russa: sarebbe il default tecnico.

Già il trasferimento dei rubli ai non residenti tramite conto bancario appare, tecnicamente, complicato. Poi avrà peso il giudizio delle agenzie di rating sul trattamento dei Paesi nella lista nera: giusto ieri è arrivato il downgrade di Moody’s a ‘Ca’, un gradino sopra il default conclamato.

(di Domenico Conti/ANSA).

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